Sanremo 2023, Selvaggia Lucarelli su Chiara Ferragni: “Stupido chi si stupisce”

di Manuela Zanni


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Con un giorno di ritardo rispetto a quando è avvenuto (certe cose, si sa, vanno metabolizzate) ci chiediamo se, il monologo di Chiara Ferragni della prima serata di Sanremo 2023, sia davvero stato così memorabile e, soprattutto, pregno di significato. Ma a porci questa domanda, in realtà, non siamo gli unici. Scopriamo, di seguito, come ha commentato Selvaggia Lucarelli il discorso della sua ‘acerrima nemica’.

Selvaggia Lucarelli su Chiara Ferragni “Autoreferenzialità e scrittura mediocre”

Se volessimo sintetizzare in poche parole le (ennesime) critiche mosse a Chiara Ferragni da Selvaggia Lucarelli circa il suo prevedibilissimo monologo portato sul palco dell’Ariston,  dedicato all’empowerment femminile, basterebbe usare queste:  “Autoreferenzialità e scrittura mediocre”. Secondo la giornalista e giudice di Ballando con le Stelle, che non ha mai nascosto la propria avversione nei confronti dell’influencer più nota d’Italia, in realtà, il problema sarebbe tutto nostro, non tanto della Ferragni. “Perché altro non potevamo aspettarci. E, non a caso, i numeri raccontano che il suo intervento – ben condito da geniali happening d’abito che non si vedevano dai tempi di Achille Lauro –  ha funzionato. Sia in termini di ascolti tv che come sentiment della rete, che è perlopiù positivo” ha commentato.

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Consapevolezza dei propri limiti

Essere autoreferenziale è infatti quanto serve ad un influencer, che non ha altre doti per definizione. “Non so cantare, non so ballare, sono qui per portare il mio messaggio” ha detto lei, perfettamente consapevole di sé e dei suoi limiti televisivi, almeno quanto dovremmo esserlo noi. Lei che è stata geniale apripista di un’epoca, quella della vita raccontata come un reality show su TikTok, in cui la fame di riconoscibilità è tale da farci spezzettare la nostra esistenza in stories da trenta secondi e da farci credere che il talento non serva più, è un surrogato: basta essere sé stessi per potersi sentire speciali, per poter inventare un’epica attorno alla proprio banalissima vita” ha continuato la Lucarelli.

Selvaggia Lucarelli e Chiara Ferragni

Selvaggia Lucarelli e Chiara Ferragni

Selvaggia Lucarelli lancia un ‘campanello d’allarme’

“E – attenzione – questo non è un discorso da boomer, non è una demonizzazione aprioristica dei social: vuole essere, piuttosto, un campanello d’allarme. Proprio l’altro giorno infatti ascoltavo perplessa lo sfogo di una bravissima creator (così sì chiamano gli influencer della generazione z, perché dire influencer è ormai banalizzante), che di professione è imitatrice, mentre piangeva chiedendo alle migliaia di follower: “Ma perché amate le mie imitazioni e non ciò che sono?”. Il fatto insomma è che non serve più coltivare un talento, è secondario. Quello che è sufficiente è il “sestessimo“, la retorica attorno alla spontaneità che invade l’immaginario da tempo. Ma uno non vale uno, e non tutti siamo Chiara Ferragni: lei un talento ce l’ha e ci ha fatto i miliardi. Occhio a non confondersi”.

Selvaggia Lucarelli: “Siamo stupidi se ci stupiamo”

“Tornando a Chiara Ferragni: scemi noi a stupirci, si diceva. Passiamo la vita a guardare la sua vita, non scovandole alcun talento se non quello di lasciarle monopolizzare l’economia della nostra attenzione, e poi ci stupiamo che sul palco non porti argomenti altri rispetto alle fotine di sé e dei suoi inflazionatissimi bambini dai riccioli d’oro. Scemi noi a stupirci, vista l’era in cui viviamo. Quella in cui persino l’attivismo, che di per sé è concetto comunitario, è diventato in realtà qualcosa di autoreferenziale. Lungi dal voler criticare infatti Chiara – il cui “Pensati libera” mi ha personalmente emozionata – non deve però stupire l’approccio egoriferito dell’influencer, anzi dell’ “attivista influencer” (o “influ activist”, li chiamano in inglese) che, proprio per lavoro, fa autopromozione di sé stessa, attivismo compreso. Può sembrare un controsenso, può sembrare che questo va a scontrarsi, almeno in astratto, con la natura collettiva delle cause sociali, ma alla fine a salvare la baracca ci pensa la buona fede da cui tutto è mosso. Ha un nome: si chiama ‘personal branding’.”

Selvaggia Lucarelli: “Scrittura mediocre, sembrava un tema di terza media”

Altra critica mossa a Chiara Ferragni, si diceva, è la bassa qualità della scrittura. Una qualità così bassa che la frase pronunciata da Amadeus al termine dell’intervento (“voglio sottolineare che lo ha scritto tutto da sola e non ha avuto autori”) è suonata non tanto come un elogio alla dedizione dell’influencer quanto come un volersi cavare da qualsiasi responsabilità. Qualcuno in conferenza stampa ha parlato di ‘tema di terza media’.  In realtà la colpa è di chi affida il dibattito intellettuale agli influencer e poi  si lamenta che non sono Nietzsche” ha aggiunto.

 Selvaggia Lucarelli: “Chiara Ferragni non è altro che Chiara Ferragni”

“Ferragni, insomma, non è stata altro che Chiara Ferragni. E non potrà essere altro che Ferragni. Per grande delusione di chi cercava in giro un nuovo pensatore. Come dimostra l’incapacità -o la volontà – di non uscire  dal suo seminato. Incalzata su domande che andavano fuori dalla sua comunicazione blindata e da sempre autogestita è parsa nervosa. Solo una volta arrivata sul palco, è tornata lei. È tornato il suo sorriso, il suo dizionario fatto di “super”, gli stessi escamotage già visti al matrimonio coi messaggi cuciti sull’abito, la sua tenerezza, che in fondo non fa male. È tornata a raccontare se stessa. È tornata al selfie” ha concluso Selvaggia Lucarelli.

Selvaggia Lucarelli e Chiara Ferragni

Selvaggia Lucarelli e Chiara Ferragni

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Il commento

Se è vero, e lo è, che la semplicità è la chiave della comunicazione, non altrettanto vale per la banalità. La donna che riscatta sé stessa mostrando il proprio corpo è un messaggio più che banale. Non occorre ostentare il proprio corpo per ribadire di essere libera di farlo, né ribadire di essere libera per esserlo davvero. La libertà non passa necessariamente da stereotipi di bellezza. Si può essere brutte e libere di esserlo senza che la Ferragni di turno imponga canoni della famiglia perfetta che (magari) non tutti hanno la fortuna (o la voglia) di avere. Insomma libertà è anche (e soprattutto) la possibilità di essere diversi dai canoni che la società moderna ci impone e che Chiara Ferragni (e quelli come lei) scambiano erroneamente per felicità. Ognuno ha il proprio modo di essere felice ed essere liberi vuol dire essere rispettati (anche) per questo. Non servono i selfie per dimostrarlo né uno (o più) selfie possono dimostrare il contrario. Libertà è essere ciò che si vuole, come si vuole, sempre e comunque.

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