Ambra Angiolini: “Non minimizzate la bulimia, è una malattia e va curata”

di Redazione


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Ambra Angiolini torna a parlare della bulimia, un disturbo alimentare contro il quale ha lottato per anni. Già in passato aveva raccontato la sua esperienza e, adesso, lo ha fatto di nuovo, per lanciare un messaggio importante.

Ambra Angiolini e la bulimia

“Sono diventata bulimica a 13 anni per un cancro dell’anima“, ha detto Ambra Angiolini, intervistata da Carlotta Vagnoli per Basement Café by Lavazza. Quindi ha aggiunto: “Non minimizzate, non la rendete la malattia delle ragazzette che vogliono essere 90-60-90. Perché è davvero ingiusto. Si chiama malattia, va curata, va fatta ricerca”.

L’attrice ha anche aggiunto che che tanti genitori le chiedono cosa possono fare per aiutare un figlio bulimico: “La cosa più efficace, per me, sono stati dei biglietti lasciati da mia mamma a caso, come dico io, ad altezza vomito, in bagno, dove mi si diceva semplicemente che qualsiasi cosa avrei scelto di fare in quella situazione per lei andava bene”.

Ambra Angiolini
Ambra Angiolini

Ambra ha raccontato. “Cioè, io ero sempre una persona giusta. E allora dico: lasciate tracce d’amore, non cercare di risolvere. Perché quella è una soluzione che troviamo noi nel nostro viaggio”. Da anni ha vinto la sua battaglia contro il disturbo alimentare, ma non dimentica chi lotta ogni giorno.

Già nel 2020, in occasione dell’uscita del suo libro InFame, aveva detto a Verissimo: “Mangiare era il modo di sfogare la mia incapacità di chiedere aiuto. Ho sempre cercato di fare male a me stessa e mai agli altri”. A un certo punto, aveva aggiunto , “non riesci più a vedere lucidamente quello che succede fuori. Tutto il percorso è buio e luce, hai dei momenti di grande felicità alternati a momenti di disperazione totale”.

Anche di recente, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva raccontato: “Alla gente interessava solo che tornassi magra, mentre io stavo facendo i conti con la voragine che avevo dentro. La bulimia è come avere un tumore all’anima. Non c’è una cura immediata, uguale per tutti: è un processo personale che va attraversato fino in fondo. Se ti anestetizzi la malattia diventa te e non te la levi più di dosso. Alle ragazze dico: “Cominciate a sfilarvela e a tenervela accanto. Farà un pezzo di strada con voi ma a un certo punto le lascerete la mano e se ne andrà”.

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