“Fu la scacchiera a colpirmi”: The Queen’s Gambit su Netflix

di Alice Marchese


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“Fu la scacchiera a colpirmi. Esiste tutto un mondo in quelle 64 case. Mi sento sicura lì, posso controllarlo, posso dominarlo ed è prevedibile. So che se mi faccio male è solo colpa mia”.
Nelle ultime settimane, la serie su Netflix “The Queen’s Gambit”, in italiano La regina degli scacchi”, ha lasciato tutti senza fiato.
È stata portata sullo schermo un’opera letteraria molto complessa:  The Queen’s Gambit di Walter Tevis pubblicata nel 1983.

La trama magnetica ci travolge e l’intera stagione si divora in pochissimo tempo. È la storia di Beth Harmon, una bambina prodigio che conosce il gioco degli scacchi grazie a Shaibel, il custode dell’orfanotrofio del Kentucky, dove ha trascorso la sua infanzia.
Girerà tutto il mondo per competere con i più temuti scacchisti ed è lì che sprigionerà il suo straordinario talento.
Sola al mondo, ma profondamente appassionata a questo gioco a dir poco enigmatico, Beth si immette in un microcosmo costituito prevalentemente da uomini che la porterà a sfidare l’imbattibile Burgov: l’aspetto tangibile è che sebbene Beth viva trascinandosi un dolore lacerante provocato da mancanze incolmabili, ella ricerca quell’equilibrio, seppur a tratti precario, all’interno di 64 case.

«Il gioco degli scacchi fu praticato in Sicilia anche dalle donne, come è attestato dal famoso episodio di Macalda, l’ambiziosa e intrigante moglie di quell’Alaimo da Lentini che fu uno dei principali protagonisti dei Vespri siciliani, che durante la sua prigionia nel castello di Matagrifone di Messina, giocava a scacchi con l’emiro Margan Ibn Sebir, anch’egli prigioniero di re Pietro III d’Aragona»: la testimonianza documentata dallo storico Santi Correnti ci rileva un particolare che tratteggia l’importanza degli scacchi in Sicilia. Dunque questa miniserie ha un legame indiretto con la Sicilia attraverso una mossa molto efficace: la “difesa siciliana”.

È il signor Shaibel ad insegnarla alla piccola Beth, ed è sempre lui a fargli capire come effettuare le varianti di questa difesa, create dai più grandi scacchisti realmente esistiti.
La “difesa siciliana” è un’apertura, più recente del “ gambetto di donna”, ma sempre citata nel manoscritto di Gottinga, il più antico libro interamente dedicato al gioco moderno degli scacchi. Il testo, costituito da 33 fogli, è scritto in latino ed è conservato all’Università di Gottinga. La mossa prevede di combattere sempre per conquistare il centro della scacchiera, come con il gambetto, ma si crea una posizione non simmetrica con il pedone facendo nascere delle possibilità complesse per entrambi i giocatori. Nella serie tv, la “ siciliana” è una delle aperture che il campione del mondo Burgov usa spesso ed è anche una delle mosse preferite di Beth. La difesa alla siciliana è un’invenzione di Pietro Carrera, figura di grande interesse nella storiografia isolana, come testimoniato da numerosi studi al riguardo. A partire dalla voce Treccani curata da Salvatore Silvano Nigro nel 1977, da cui emerge la figura singolare di un intellettuale poliedrico, interessato alla storia urbana, vedasi i suoi studi sulla Catania antica pubblicata nel Seicento, sino ad arrivare, aspetto affascinante, agli studi sugli scacchi, pubblicati nel 1617 in ben otto volumi.
“Il gioco degli scacchi di D. Pietro Carrera diviso in otto libri, nei quali s’insegnano i precetti, le uscite, e i tratti posticci del gioco, e si discorre della vera origine di esso”: titolo che meriterebbe di per sé uno studio ad hoc.

A rendere il personaggio di Beth così intenso è anche la bravura dell’attrice Anya Taylor-Joy, la cui singolare interpretazione ha permesso al pubblico di comprendere la sofferenza e il riscatto della protagonista che nonostante tutte le brutture e i momenti di viscerale solitudine che la vita le ha riservato, è riuscita ad “afferrare il suo destino”, affermandosi come unica donna in grado di primeggiare in un gioco unicamente accessibile e dunque riservato a uomini.

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