Separazione: consensuale o giudiziale?

di francesca


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Nel nostro Paese, coloro che vogliono tornare allo stato di celibe o nubile non possono divorziare immediatamente o in tempi brevi, come avviene ormai negli ordinamenti di moltissime altre nazioni. In Italia, infatti, si può divorziare solo dopo aver trascorso almeno tre anni in separazione legale, e se, dopo questo periodo, non è più possibile ricostituire l’affectio coniugalis.

La separazione è dunque solo un primo passo per chiudere un matrimonio; tuttavia è un passo molto importante, perché con essa si stabilisce l’assetto interpersonale ed economico che vale almeno per i successivi tre anni.

Gli argomenti che devono essere decisi, a grandi linee, sono questi: l’assegnazione dell’abitazione coniugale, l’affidamento ed il collocamento prioritario dei figli, l’entità dell’assegno dovuto al coniuge per i figli che vivano prioritariamente con lui da parte dell’altro coniuge, e, se dovuto, l’entità dell’assegno di mantenimento per il coniuge più debole economicamente.

Se i coniugi sono d’accordo su come organizzare la vita propria e dei figli, prendendo atto delle inevitabili difficoltà e cercando di farvi fronte, venendosi incontro laddove le esigenze si possono conciliare, allora possono procedere ad una separazione consensuale.

Alcuni tribunali accettano che i coniugi possano scriversi da soli un ricorso congiunto ed ottenere un’udienza dal giudice senza il patrocinio di un avvocato; vista la delicatezza e l’importanza degli argomenti trattati nella separazione, mi sento di sconsigliare, tranne in casi particolari, tale scelta (tanto più che, se non si può pagare l’avvocato, si può sempre ricorrere al gratuito patrocinio). A volte si arriva ad un accordo consensuale di separazione solo dopo molte discussioni, o casalinghe e/o tra avvocati dei due coniugi.

Ci si può rivolgere anche ad un unico avvocato, conferendogli mandato per trovare un punto d’incontro tra i bisogni e le aspettative di entrambi i coniugi, spiegando loro diritti e doveri che la legge prevede e magari smussando la durezza delle reciproche posizioni, e soprattutto facendo riflettere su quanto le scelte della separazione possano influire sul futuro dei propri figli.

Se i coniugi non trovano un punto d’incontro si avrà una separazione giudiziale. Il primo che si rivolge al giudice nel proprio atto introduttivo formulerà le richieste relative agli stessi argomenti che abbiamo visto per la separazione consensuale; quando il giudice fisserà la data della cosiddetta “udienza presidenziale”, il ricorrente dovrà notificare all’altro coniuge sia il ricorso che il decreto di fissazione dell’udienza. A questo punto l’altro coniuge si costituirà, a mezzo del proprio avvocato , e a sua volta spiegherà quale assetto vorrebbe dare alla sua vita da separato.

Il giudice, letti gli atti, prende quasi immediatamente una decisione provvisoria: si tratta dei provvedimenti presidenziali, provvisori ed urgenti, che consentono alla coppia di vivere separati, stabiliscono chi dei due deve rimanere nella casa coniugale per il momento e chi deve invece lasciarla, a chi sono affidati i figli e quanto debba essere corrisposto per il mantenimento. La causa prosegue poi in istruttoria per valutare tutte le prove che le parti offrono al giudice e termina con una sentenza che, molto spesso, contiene solo delle piccole variazioni rispetto ai provvedimenti provvisori, e qualche volta, invece, li ribalta del tutto.

È sempre possibile, durante una causa di separazione giudiziale, trovare un accordo e trasformarla in consensuale, semplicemente depositando delle memorie congiunte che contengano un nuovo assetto totalmente condiviso, ponendo così fine alla controversia in tribunale.

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