Pupo e la relazione a tre: “Chi m’invidia fa male” e spiega il perché

di Redazione


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Quasi tutti sanno che Pupo ha una relazione poliamorosa. Da tempo vive con la moglie Anna e con l’amante Patricia. Tutti sotto lo stesso tetto.

Ebbene, Enzo Ghinazzi, in una lunga intervista al Corriere della Sera, ha raccontato: “Chi mi invidia fa male è un percorso che non ho scelto io. Perché è difficile. C’è sofferenza. È troppo facile liquidarlo così. Io oggi ho 67 anni, mi moglie Anna ne ha quasi 70, Patricia ne ha 62. Sto da 50 con la moglie, da 33 con l’amante. Pensate sia stata una cosa semplice? O che io possa consigliare alle mie tre figlie o a chiunque altro un rapporto pluriamoroso come il mio?”.

Insomma, Pupo parla di invidia “sprecata. Come quella di coloro che invidiano Berlusconi, il presidente degli Stati Uniti o i miliardari e non sanno niente su quello che comporta affrontare percorsi di questo genere… Poi la vita è anche fortuna, non solo abilità. Io non mi pento del mio percorso sentimentale, che oggi sarebbe più semplice da affrontare. Ho avuto a che fare con due donne speciali. Non sono io lo speciale, sono loro”.

Pupo, Anna e Patricia.

Pupo, Anna e Patricia.

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Poi, a proposito della poligamia, Pupo ha spiegato che si tratta di una “realtà diffusa, maggioritaria nel pianeta. La nostra cultura, educazione, religione ci impediscono di essere poligami. Io ho pagato e sto pagando le conseguenze di queste mie scelte fatte alla luce del sole”.

Infine, Pupo ha raccontato quando pensò al suicidio. Era il 1989: “Tornavo dal Casinò di Venezia ed ero su un caratteristico viadotto al confine fra Emilia e Toscana. La banca mi massacrava per uno scoperto di 70 milioni di lire. Io avevo un fido di 50 milioni dal casinò di Venezia. E li c’erano anche gli usurai. Andai dunque lì per prendere il denaro a prestito e tacitare la banca. Non vinsi, ma persi altri 50 milioni peggiorando la mia situazione. Mentre tornavo con la mia jaguar riflettevo sulla mia condizione di… ricco coi debiti. Così avevo parcheggiato sulla piccola corsia d’emergenza del viadotto con l’idea di farla finita. Ero sconvolto, non vedevo vie d’uscita. Era notte, fra sabato e domenica, e i Tir non circolavano. Tutti meno uno: quello che mi sfiorò a un millimetro. Lo spostamento d’aria mosse la macchina di qualche centimetro e mi riportò alla ragione”.

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