Perché si dice ‘fare il bucato’? Da dove ha origine?

di Alice Marchese


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Una frase abbastanza comune di cui ci si è sempre chiesti il perché è fare il bucato e se soprattutto anche nel resto del mondo utilizzano questa dicitura. Scopriamolo insieme!

Perché si dice fare il bucato?

Secondo quanto riporta Focus.it, “bucato” deriverebbe da bukòn, una parola francone (il ceppo di lingue germaniche parlate nell’allora Regno dei Franchi) che significava “lavare”. In italiano questo verbo si è trasformato in “bucare”, e quindi “fare il bucato”. Prima che si utilizzassero lavatrici e detersivi, la modalità di lavaggio era totalmente diversa e lontana da qualsiasi elettrodomestico.

Nel Medioevo le donne mettevano i panni in un recipiente di legno o di terracotta, che poi coprivano con un telo bucherellato (ceneraccio). Quindi vi rovesciavano sopra un composto di acqua bollente e cenere di legna (ranno o liscivia), che fungeva da detersivo. Il telo bucato filtrava la cenere del ranno che puliva bene i panni. Il “bucato” veniva poi sciacquato nelle fontane. Dunque “fare il bucato” si riferisce a qualcosa di forato è legato proprio alla modalità con cui i panni sporchi, molti anni fa, venivano lavati a mano e, più precisamente, a un particolare strumento che veniva utilizzato anticamente per il lavaggio dei vestiti.

Nel mondo si dice “fare il bucato”?

In inglese, francese e tedesco si dice “fare il lavaggio”, rispettivamente: to do the washing, faire la lessive e die Wäsche waschen. In portoghese è “lavare la roba”: lavar a roupa.

Ci si riferisce ad un’attività finalizzata allo sgrassamento, al lavaggio della biancheria con acqua e sapone o con un altro tipo di detergente, eseguita a mano o in lavatrice.

Il procedimento utilizzato in passato per “fare il bucato” richiedeva un grande dispendio di energie fisiche ma, nel suo funzionamento, era in realtà piuttosto semplice. L’intera procedura, sebbene si sviluppasse nell’arco di due giorni, può infatti essere riassunta in pochi semplici passaggi.

Come si “faceva il bucato” in passato

In passato le modalità erano completamente differenti. Il giorno precedente, infatti, si mettevano i vestiti sporchi in ammollo all’interno di un recipiente, che veniva riempito con acqua fredda.

Il giorno del bucato, poi, si portava a ebollizione una caldaia riempita con acqua e cenere di noce, tiglio o faggio; nel frattempo, i vestiti messi in ammollo il giorno precedente venivano strizzati e deposti all’interno del massello, dove venivano poi ricoperti con un fitto telo di canapa.

A quel punto, il contenuto della caldaia portata a ebollizione veniva versato abbondantemente sul telo di canapa che ricopriva i panni, che aveva così una funzione di filtro. Trascorso il tempo ritenuto necessario per la pulizia dei panni, bastava infine rimuovere il tappo inserito nel buco del mastello per far defluire naturalmente l’acqua saponata ormai sporca.

Così facendo, il bucato era ormai pronto per essere risciacquato sotto l’acqua corrente ed essere steso al sole ormai pulito e profumato.

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