“Genere femminile”: un tesoro per la nostra libreria

di Alice Marchese


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Genere femminile” è un tripudio di contributi di diversi autori, frutto di un convegno svoltosi lo scorso anno nel capoluogo etneo e che ha visto, per la prima volta, i docenti delle quattro università siciliane riflettere sul tema della violenza di genere. Curato da Carlo Colloca, Rosario D’Agata e Stefania Mazzone, docenti del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania.

Scrive Laura Savelli nell’ultimo capitolo del volume dedicato al primo femminismo: nel luglio 1919 la legge Sacchi decretava che le donne erano ammesse, a pari titolo degli uomini, a esercitare tutte le professioni e a coprire tutti gli impieghi pubblici, ad eccezione di magistratura, esercito e polizia; la medesima legge aboliva l’autorizzazione maritale. Per il voto le italiane dovranno aspettare il 1946. Alcune esperienze, nel tentativo di reagire a tale ” invisibilità”, sono comunque state fatte anche se, nella maggior parte dei casi, si è trattato di un mero risveglio destinato a tornare nel torpore intellettuale e, soprattutto, istituzionale.

Nel Risorgimento siciliano, come ricorda Andrea Giuseppe Cerra nell’opera, nasce la Legione delle Pie Sorelle, i cui obiettivi nel campo sociale ed educativo vengono conseguiti nel difficile contesto nel quale la Sicilia si inserisce alla partecipazione dell’unità nazionale. L’associazione di matrice religiosa, ormata da 1200 consorelle di diversa estrazione sociale e un unico uomo, padre Antonio Lombardo, dell’ordine dei padri Scolopi, si dedicava soprattutto a opere di carità e in particolar modo all’educazione popolare. Rosina Muzio Salvo, scrittrice e segretaria della Legione — ricorda Cerra — ebbe un ruolo di primo piano nella storia della congregazione femminile, soprattutto per quello che concerneva il rapporto tra educazione femminile e società.

La stagione di militanza e di impegno delle Pie Sorelle fu però di breve durata a causa dell’inversione della situazione politica dell’Isola, ma incarna comunque un esempio virtuoso di di lotta delle donne nel processo della costruzione dello Stato unitario anche se, con l’avvenuta unità d’Italia, soprattutto al sud, le cose non migliorarono.

«Nel 1861 — scrive Cettina Laudani — in Italia si contavano 13 milioni di femmine. Le donne, oltre a non godere dei diritti civili al pari degli uomini, erano anche in numero più alto rispetto agli uomini, analfabete». Svolgevano il lavoro con caratteriste di ” domesticità” sia nelle campagne che nelle aziende tessili, fino a quando l’istituzione della Regia Scuola Normale femminile — ricorda la Laudani — aprì la strada “laica” per avviare le donne alla carriera dell’insegnamento, nonostante l’articolo 341 della legge Casati, secondo cui alle maestre dovesse essere corrisposto uno stipendio pari soltanto a due terzi di quello maschile. Per parlare della partecipazione femminile alla vita economica della Sicilia dobbiamo aspettare i primi anni del ventesimo secolo, anche se ancora scarsa appare la presenza delle donne nell’attività politica e nei luoghi decisionali.

A tale proposito, Daniela Novarese dedica un capitolo all’” Università e terza missione”, nel quale ricorda l’intervento rivolto alla polizia di Stato di Antonella Cocchiara, presidente del Comitato Unico di Garanzia dell’ateneo di Messina. « La mafia — disse la Cocchiara riprendendo una nota frase di Gesualdo Bufalino — sarà vinta da un esercito di maestre elementari. Ebbene, anche la violenza sulle donne e bambini può essere vinta così: da un esercito di maestre elementari adeguatamente formate da un piccolo e agguerrito plotone di esperti e di docenti universitari».

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