Scoperta la causa della malattia che aveva colpito Bea, la “bambina di pietra”

di Alice Marchese


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Finalmente è stata scoperta la causa della malattia della piccola Bea, la cosiddetta “bambina di pietra“. La rivista Nature Communication ha pubblicato il lavoro internazionale, guidato dall’Università di Pavia, che risolve il caso della piccola Bea.

Il caso di Bea, la bambina di pietra

Correva l’anno 2010 quando Bea viene visitata nell’Ambulatorio di Genetica Clinica pediatrica dell’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino perché presenta delle tumefazioni alle articolazioni. Le radiografie e la TAC rilevano rapidamente una situazione molto particolare, una serie di “calcificazioni” che stanno progressivamente trasformando la cartilagine in osso. Dunque le articolazioni si bloccano rendendo impossibili i movimenti di braccia e gambe. La famiglia crea una Onlus, si adopera per far conoscere il caso e la zia pubblica #Leggera come una piuma – Il Mondo di Bea (Pathos edizioni). Questo ha un impatto a livello mediatico decisivo.

Qual è la causa

Dopo 13 anni e centinaia di esperimenti, un gruppo internazionale di ricercatori, coordinati dalla dottoressa Elisa Giorgio, ricercatrice dell‘Università di Pavia e di Fondazione Mondino IRCCS, è riuscito ad identificare la causa della malattia di Bea. Si tratta di una malattia genetica rarissima. La ricerca è iniziata attraverso la collaborazione tra i pediatri che hanno inizialmente approfondito il quadro clinico. Nel team il professor Giovanni Battista Ferrero, professoressa Margherita Silengo, Università di Torino e il laboratorio di Genetica Medica e malattie rare del professor Alfredo Brusco.

In cosa consiste la patologia di Bea

Grazie ad una collaborazione con diversi Centri italiani si è arrivati ad una soluzione. Ad unire le forze sono stati il dottor Marco Tartaglia, Ospedale Pediatrico Bambin Gesù, Roma, il professor Massimo Delledonne, Università di Verona ed esteri il professor Malte Spielmann, Università di Lubecca e Kiel, Germania. Questi disturbi sono solitamente causati da una mutazione genetica, come nella Fibrodisplasia ossificante progressiva (FOP), una rara malattia genetica in cui i muscoli ed i tessuti molli vengono gradualmente sostituiti dalle ossa. La FOP è causata da una mutazione nel gene ACVR1, responsabile dell’informazione necessaria per formare tessuto osseo nei vari distretti scheletrici. Quando questo gene è mutato, invia un segnale anomalo a vari tessuti che progressivamente calcificano e si trasformano in osso.

La ricerca

La malattia di Bea aveva molte similitudini con la FOP, ma si era presentata nelle prime settimane di vita con un’evoluzione molto rapida ed invalidante. Le analisi genetiche avevano da subito escluso questa malattia. Nel frattempo il gruppo di ricerca aveva identificato, con una serie di approfondimenti, un’anomalia cromosomica unica, mai descritta in letteratura caratterizzata dalla presenza di un segmento del cromosoma 2 doppio, inserito sul cromosoma X della bambina.
Questa anomalia dei cromosomi, ovvero l’inserzione di una regione di un cromosoma su un altro, può portare ad un’espressione genica alterata. L’attività di ricerca ha permesso di capire che il pezzo di cromosoma 2 in più conteneva delle regioni in grado di attivare i geni sul cromosoma X nei tessuti sbagliati. Il gene ARHGAP36 produce una proteina in quantità molto più elevate dell’atteso, ma soprattutto nel tessuto sbagliato, la cartilagine. Proprio questo gene induce la formazione di tessuto osseo dove non dovrebbe essere presente.

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