Depressione e sport: il caso Osaka accende i riflettori sull’altra faccia della medaglia

di Manuela Zanni


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In questi primi giorni dello Slam parigino a (quasi) monopolizzare il dibattito nel mondo del tennis è stato il ritiro di Naomi Osaka dal torneo.La campionessa è la principale candidata a dominare il circuito femminile in futuro dal momento che la giapponese ha già vinto quattro Slam (due Australian Open e due US Open) e sembra poter imporre il proprio gioco su qualunque avversaria.

La Osaka, inoltre,  è una vera e propria icona controtendenza che fugge la vita mondana e preferisce festeggiare le proprie vittorie in maniera riservata. Per questo motivo la sua  autoesclusione dal Roland Garros è rappresentata  una  perdita difficile da mandare giù resa ancora peggiore dalle cause che l’hanno determinata.

All’ipotesi di un provvedimento disciplinare che sarebbe seguito alla condotta  la giapponese ha fatto sapere che non era sua intenzione creare questa situazione e si scusava con chi si fosse offeso, in particolare i giornalisti.  Ha, inoltre, ammesso di soffrire di episodi di depressione sin dall’agosto 2018 e che le conferenze stampa non l’aiutano a vivere meglio i momenti in cui la depressione è maggiormente presente. Per questo motivo e per evitare ulteriori polemiche, la Osaka ha preferito ritirarsi dal Roland Garros, annunciando che tornerà in campo quando starà meglio.

Ciò nonostante  alcuni hanno continuato a  scagliarsi  comunque contro l’Osaka, colpevole di  non essere abbastanza forte mentalmente per fare la tennista professionista. Questa situazione offre un impostante spunto di riflessione circa l’arretratezza del dibattito sulla depressione.

E’ allarmante constatare come, ancora nel 2021,  la depressione  sia confusa  con la forza mentale, pensando che l’una influisca sull’altra. In realtà la depressione non ha niente a che fare con il carattere e la forza di una persona. I disturbi depressivi sono patologie psichiatriche che sono nel DSM (ossia il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e che non si superano con una pacca sulla spalla e iniziando semplicemente a sorridere alla vita, ma che richiede specifiche cure.

Troppo spesso si confonde la semplice tristezza, l’umore depresso, con il disturbo depressivo vero e proprio, vale a dire con un disturbo di pertinenza psichiatrica. Soffrire di depressione non è una colpa e bisogna smetterla di accusare chi soffre di depressione di essere una persona debole. Non solo perché è concettualmente sbagliato ma anche  perché, finché indurremo gli individui a vergognarsi della propria patologia, sarà più difficile portare alla luce queste situazioni patologiche e convincere chi ne soffre a curarsi, con conseguenze anche molto gravi.

Nello sport la situazione è ancor più esasperata  poichè la stampa e il pubblico sono totalmente inadeguati a parlare di tali tematiche, soprattutto perchè  spesso le domande che vengono fatte nelle conferenze stampa non sono pertinenti nè  opportune.

Potremo dire che si sono fatti passi avanti quando le problematiche legate alla psiche saranno paragonate a quelle del corpo scatenando nei confronti di chi ne è affetto lo stesso tipo di solidarietà e comprensione.  Così come non c’è vergogna nell’avere mal di schiena ed andare da un fisioterapista per  farselo curare, altrettanto vale nell’ammettere soffrire di depressione e intraprendere il giusto percorso per guarirla.

Bisogna ammirare Osaka, che ha ammesso pubblicamente di soffrire di depressione e che magari, con il suo esempio,  spingerà molti altri a parlare apertamente delle proprie difficoltà.

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