Latte vaccino e neonati, ecco come e quando introdurlo nella dieta

di Claudia Scorza


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Saranno le linee guida discordi, le teorie nutrizionali di pediatri famosi o i consigli di mamme che ci sono già passate a creare confusione sul periodo migliore in cui introdurre il latte vaccino nella dieta dei neonati? Può darsi, perché tutto, seppur in piccola parte, può contribuire a generare poca chiarezza anche in merito allo svezzamento infantile.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dichiara di non iniziare mai a introdurre alimenti solidi prima dei sei mesi d’età, mentre l’Espghan, società europea di patologie gastroenterologhe e di nutrizione pediatrica, vieta il cibo solido prima dei 4 mesi e mezzo. Ma quando è possibile dare il latte vaccino ai bambini?

Sembra che, almeno in linea di massima, i pareri dei pediatri siano concordi nel dire che il latte vaccino non deve mai essere dato sotto al primo anno di età. Questo perché le proprietà nutrizionali del latte vaccino non sono quelle di cui ha bisogno un neonato. Un bimbo, infatti, necessita di un apporto di proteine, vitamina D, ferro e sodio diverso da quello di un adulto e il latte vaccino, ad esempio, contiene un maggior numero di proteine e di sodio a fronte di uno scarso apporto di ferro e vitamina D.

L’introduzione precoce del latte vaccino nella dieta dei bambini potrebbe andare a modificare il normale sviluppo della crescita, creando anche dei pesanti squilibri nutrizionali. Il fatto di contenere circa il triplo delle proteine rispetto a quelle contenute nel latte materno, può portare allo sviluppo di sovrappeso e obesità infantile. Per ora manca l’ufficialità, ma ci sono sempre più prove e studi eseguiti su diversi gruppi di bambini che avvalorano tale opinione.

Il latte vaccino, inoltre, presenta una carenza di ferro, elemento fondamentale per lo sviluppo psicofisico dei bambini, in particolare per lo sviluppo cerebrale e delle capacità cognitive. Da non tralasciare è il basso contenuto di lattosio e di vitamine del latte vaccino, tra cui in particolare la vitamina D, nettamente inferiore al latte materno. Allo stesso tempo, però nel latte di mucca vi è un eccesso di minerali, come ad esempio il sodio, che potrebbe provocare un sovraccarico renale nel bambino.

Il consiglio della Federazione Italiana Medici Pediatri e della maggior parte degli esperti di nutrizione infantile è, per quanto possibile, di proseguire l’allattamento materno esclusivo almeno fino ai 6 mesi per poi passare al “latte di proseguimento”, studiato proprio per essere una buona alternativa al latte materno poiché formulato sulle caratteristiche nutrizionali e bilanciate del latte materno. Nel caso in cui la mamma non possa allattare, è consigliato l’uso di latte specifico per l’infanzia, dal momento che il bambino non è un adulto in miniatura e quindi il suo nutrimento deve essere pensato e calibrato su misura.

Per essere tranquille e avere il parere di un esperto di cui vi fidate, vi consigliamo di rivolgervi al vostro pediatra esponendo a lui qualunque dubbio sulla questione. Tenete sempre presente che nel primo periodo di vita del bambino una corretta alimentazione è fondamentale per lo sviluppo e la salute futura, poiché è in grado di contribuire alla riduzione del rischio di sviluppare malattie croniche.

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