Come preservare la fertilità nei malati di cancro

di Redazione


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La preservazione della fertilità rappresenta un tema molto delicato nei pazienti oncologici. Una volta scoperta e diagnosticata la malattia, il primo pensiero va giustamente alle cure e al percorso terapeutico da iniziare. Ma è importante sapere, però, che in alcuni casi ad essere a rischio è anche la fertilità. Un tema quanto mai attuale non soltanto in virtù del miglioramento della sopravvivenza dei tumori in età pediatrica e giovanile ma anche per il ritardo progressivo dell’età del primo concepimento.

Tale problematica dovrebbe essere sollevata principalmente da ginecologo e oncologo coadiuvati da un’equipe multidisciplinare, in quanto molto spesso il paziente oncologico trascura il problema focalizzandosi esclusivamente sul proprio tumore oppure temendo che una qualsiasi procedura, accentuando il ritardo nei trattamenti, possa in qualche modo inficiare la sua guarigione. Ad eccezione dei casi di sindrome neoplastica ereditaria, dove è opportuno un attento counselling genetico, per entrambi i sessi non sussistono controindicazioni alla genitorialità una volta avvenuta la guarigione dal cancro.

Nelle donne, i trattamenti di chemioterapia e radioterapia possono provocare: riduzione naturale del numero di ovuli e cessazione della relativa maturazione, riduzione della qualità degli ovuli, indipendentemente dal fatto che la paziente perda o meno la funzione ovarica, insufficienza ovarica precoce che comporta, oltre alla cessazione della funzione riproduttiva e ormonale, altri sintomi derivanti da quest’ultima quali problemi vasomotori, scheletrici e cardiovascolari. Nel caso dell’uomo, questo tipo di trattamenti può avere conseguenze quali: patologia dei testicoli e cessazione o diminuzione della produzione di spermatozoi, alterazioni ormonali con effetti a differenti livelli, calo della libido, calo della quantità di sperma, con alterazione di valori quali morfologia, motilità o quantità di spermatozoi.

“Se solo qualcuno me lo avesse detto prima, quante volte abbiamo purtroppo sentito questa frase – commenta Daniela Galliano medico chirurgo, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione, Responsabile del Centro PMA di IVI Roma – affrontare un tumore è già di per sé una sfida importante e per molte donne pensare alla maternità può non sembrare una priorità se si ha il cancro. Per fortuna oggi la scienza ha fatto dei passi enormi e avere un bambino dopo le cure oncologiche o portare avanti una gravidanza durante la malattia oggi è possibile. C’è, però, ancora troppa poca conoscenza sull’argomento e, non affrontare fin da subito il tema della preservazione della fertilità e le strategie possibili, può compromettere per sempre il proprio desiderio di diventare genitori. Nella Giornata Mondiale contro il cancro vogliamo dire a tutte le donne che non devono rinunciare anche a quel sogno, ma si può intervenire e si deve fare nel momento giusto”.

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“Anche il Ministero della Sanità – continua la Dottoressa Galliano – sostiene quanto siano indispensabili politiche sanitarie ed educative per la tutela della fertilità che siano in grado di migliorare le conoscenze dei cittadini al fine di promuoverne la consapevolezza e favorire il cambiamento, sottolineando soprattutto che team di specialisti dovrebbero fare il counselling appropriato e proporre la giusta tecnica di preservazione della fertilità per il caso specifico. I progressi avvenuti nel campo delle cure oncologiche e l’efficacia dei programmi di screening precoce sono riusciti a incrementare considerevolmente il tasso di cura e sopravvivenza dei pazienti oncologici. Ciò permette di assegnare maggiore importanza agli effetti secondari dei trattamenti con chemioterapia e radioterapia e, in tale ambito, la preservazione della funzione ovarica, della capacità di produzione di spermatozoi e della fertilità in generale, sono gli aspetti che più preoccupano i professionisti che seguono i pazienti colpiti dal cancro. Per questo i nostri professionisti lavorano in modo da poter offrire la possibilità di procreazione a questi pazienti e la certezza che, dopo aver superato la malattia, potranno tentare di avere figli, nonostante le conseguenze della malattia sulla loro fertilità. In IVI siamo particolarmente attenti proprio alle tempistiche: abbiamo una lista ad hoc, una corsia preferenziale, per coloro che prenotando specificano di essere pazionti oncologici”.

Preservazione: metodiche e tempistiche

Prima visita: il dottore realizzerà un’analisi ginecologica o urologica completa e si spiegheranno i vari passi della preservazione della fertilità. Dopo l’analisi del rapporto dell’oncologo, si terranno in considerazione fattori tra cui età e tempo di cui si dispone prima di iniziare il trattamento medico. Nel caso della donna, si studierà la funzionalità ovarica e, se il tipo di cancro e le indicazioni dell’oncologo lo permettono , si tenterà di realizzare la stimolazione ovarica e un prelievo per poter ottenere il massimo numero possibile di ovuli da conservare. Nel caso degli uomini, è possibile sfruttare questa prima visita in clinica per prelevare e conservare un campione di sperma. Se si dispone di tempo, l’ideale sarebbe ripetere il processo dopo aver mantenuto vari giorni di astinenza dai rapporti sessuali, in modo da garantire che il campione sia di migliore qualità. In qualsiasi caso, è importante che i pazienti realizzino questa prima visita il più presto possibile.

Prelievo degli ovuli: Nei casi in cui il tipo di cancro lo permette e previa approvazione da parte dell’oncologo, si tratta di realizzare una delicata stimolazione ormonale delle ovaie in modo da incrementare il numero di ovuli che si possono ottenere. Per ottenere gli ovuli è necessario realizzare un prelievo ovarico. Per farlo si accede alle ovaie attraverso la cavità uterina; da lì, si realizza il prelievo da ciascuno dei follicoli (piccole cavità che contengono gli ovuli) penetrandovi e aspirando gli ovuli che si trovano al suo interno. Questi ovuli aspirati si raccolgono in tubi e si fanno arrivare al laboratorio dove vengono trattati per il successivo congelamento. L’aspirazione degli ovuli si realizza in sala operatoria e con anestesia in modo da evitare che la paziente provi alcun tipo di disturbo. Questo procedimento dura 15-20 minuti circa e nel giorno stesso la paziente può riprendere la propria normale attività e cominciare il trattamento medico quando l’oncologo specialista lo raccomanda.

Prelievo degli spermatozoi: Nel caso dell’uomo, è sufficiente ottenere un campione di liquido seminale mediante la masturbazione, che verrà depositato in un apposito recipiente fornito dal laboratorio di Andrologia. Si realizza un’analisi iniziale del campione per verificarne lo stato e le aspettative dopo il congelamento.

Vitrificazione e congelamento: Per la vitrificazione degli ovuli, si procede a trattarli con una serie di mezzi di protezione in modo che non subiscano alcun danno durante il processo di raffreddamento. Una volta completato il trattamento, gli ovuli vengono collocati in piccoli supporti e si immergono in azoto liquido, a una temperatura di -196ºC. Nel caso dello sperma, la seguente tecnica è il congelamento. Anche in questo caso si preparano delle sostanze di protezione per evitare che si formino dei cristalli di ghiaccio che potrebbero danneggiare gli spermatozoi e si depositano in provette o criotubi. Questi si raffreddano progressivamente fino a quando avviene il deposito definitivo nel serbatoio di azoto, dove vengono immagazzinati fino al momento dell’uso. Gli ovuli vitrificati e lo sperma congelato vengono immagazzinati in serbatoi specifici che mantengono costanti le bassissime temperature e dispongono di un doppio sistema di allarme in modo da garantire che la temperatura resti entro la gamma ottimale in qualsiasi momento. Grazie a queste tecniche i gameti (ovuli e spermatozoi) possono restare alieni al passare del tempo fino a quando i pazienti saranno guariti e desidereranno avere figli.

La preservazione della fertilità per motivi medici si raccomanda per:

  • Pazienti – uomini e donne- che sono destinati a sottoporsi a un trattamento di chemioterapia o radioterapia, oppure a un trapianto del midollo osseo.
  • Donne che si devono sottoporre a un’operazione chirurgica con rischio di perdita totale o parziale delle ovaie, come le donne con diagnosi di endometriosi.
  • Uomini che devono sottoporsi a un’operazione chirurgica che potrebbe comprometterne la capacità di generare spermatozoi, come nel caso del tumore testicolare.

Foto da DepositPhotos.

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