Saman Abbas: ergastolo alla famiglia per l’omicidio della giovane che sognava la libertà

di Redazione
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Saman Abbas, una ragazza pakistana di 18 anni, è stata uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021, a Novellara, vittima di un delitto che ha scosso l’Italia per la sua brutalità e le sue implicazioni culturali.

La Corte d’Appello di Bologna, ieri, 18 aprile, ha emesso una sentenza storica, ribaltando in parte il verdetto di primo grado e confermando la responsabilità dell’intera famiglia Abbas.

Una vita spezzata: chi era Saman Abbas

Nata il 18 dicembre 2002 a Mandi Bahauddin, in Pakistan, Saman si trasferì in Italia nel 2016 con la famiglia, stabilendosi a Novellara, un piccolo comune in provincia di Reggio Emilia. Qui, la giovane iniziò a costruirsi una nuova identità, lontana dalle tradizioni rigide della sua cultura d’origine. Si faceva chiamare “Italiangirl” sui social, simbolo del suo desiderio di integrazione e libertà. Saman smise di indossare il velo, si oppose alle restrizioni familiari e, soprattutto, rifiutò un matrimonio combinato con un cugino in Pakistan, deciso dai genitori.

Nel 2020, a soli 17 anni, Saman denunciò i genitori per maltrattamenti e costrizione al matrimonio, trovando rifugio in una struttura protetta gestita dai servizi sociali. Fu in questo periodo che conobbe Saqib Ayub, un giovane pakistano con cui iniziò una relazione. Una foto di loro che si baciavano a Bologna, pubblicata sui social, divenne il simbolo della sua ribellione, ma anche la scintilla che alimentò la furia della famiglia. “Non ho mai pensato di uccidere mia figlia. Neanche gli animali fanno queste cose,” dichiarò il padre Shabbar Abbas in aula, negando ogni accusa.

La notte della tragedia: l’omicidio di Saman

La vicenda prese una piega tragica quando Saman, nell’aprile 2021, tornò a casa per recuperare i suoi documenti, convinta dalla famiglia che le sarebbero stati restituiti. La sera del 30 aprile, in un messaggio vocale inviato a Saqib, Saman espresse paura per la sua vita, chiedendogli di allertare la polizia se non avesse avuto sue notizie entro 48 ore. Quella fu l’ultima traccia della giovane.

Secondo gli inquirenti, Saman fu uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021, probabilmente strangolata, come confermato dall’autopsia che rivelò una frattura dell’osso ioide. Le telecamere di sorveglianza mostrarono i genitori e lo zio Danish Hasnain dirigersi verso i campi con pale, un piede di porco e un sacco blu la sera del 29 aprile, presumibilmente per scavare la fossa dove il corpo fu poi nascosto. Il giorno successivo, Saman fu vista uscire di casa con i genitori, ma non fece mai ritorno.

Le indagini: un puzzle complesso

La scomparsa di Saman non fu inizialmente considerata un omicidio. Le autorità ipotizzarono un allontanamento volontario o un rapimento, data la tensione familiare. Tuttavia, le indagini della Procura di Reggio Emilia, guidate dal procuratore Gaetano Paci, portarono presto alla cerchia familiare. Fondamentale fu la testimonianza del fratello minore di Saman, che indicò lo zio Danish come possibile esecutore materiale del delitto.

Il 7 giugno 2021, cinque membri della famiglia – i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, lo zio Danish Hasnain e i cugini Ikram Ijaz e Noman Ulhaq – furono iscritti nel registro degli indagati per omicidio in concorso e occultamento di cadavere. Le immagini delle telecamere e le intercettazioni telefoniche, in cui Shabbar dichiarava di aver ucciso la figlia “per la mia dignità e il mio onore,” rafforzarono il quadro accusatorio.

Il ritrovamento del corpo

Il corpo di Saman fu ritrovato solo il 18 novembre 2022, oltre un anno e mezzo dopo la sua scomparsa, in un casolare abbandonato a 700 metri dalla casa familiare. A condurre gli investigatori al sito fu lo zio Danish, arrestato in Francia nel settembre 2021. Il corpo, sepolto a tre metri di profondità, era ben conservato e indossava gli stessi abiti dell’ultima volta in cui Saman fu vista. L’identificazione avvenne grazie a un’anomalia dentaria, confermata da foto e video.

Il processo di primo grado: ergastolo ai genitori

Il processo iniziò il 10 febbraio 2023 davanti alla Corte d’Assise di Reggio Emilia. I cinque familiari furono accusati di omicidio premeditato e occultamento di cadavere. Shabbar Abbas, arrestato in Pakistan nel novembre 2022 ed estradato in Italia nell’agosto 2023, partecipò al processo, mentre Nazia Shaheen, ancora latitante, fu giudicata in contumacia.

Il 19 dicembre 2023, dopo oltre quattro ore di camera di consiglio, la Corte emise la sentenza di primo grado: ergastolo per i genitori Shabbar e Nazia, 14 anni per lo zio Danish, e assoluzione per i cugini Ikram e Noman, che furono rilasciati.

La sentenza d’appello: giustizia per Saman

Il 18 aprile 2025, la Corte d’Appello di Bologna ha ribaltato in parte il verdetto di primo grado, accogliendo l’impostazione dell’accusa. Dopo tre ore di camera di consiglio, il collegio ha confermato l’ergastolo per i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, estendendo la stessa pena ai cugini Ikram Ijaz e Noman Ulhaq, precedentemente assolti. Lo zio Danish Hasnain ha visto la sua condanna aumentata a 22 anni.

La Corte ha riconosciuto le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, escluse in primo grado, sottolineando la responsabilità collettiva della famiglia in quello che è stato definito un “atto disumano e barbaro” dalla sostituta procuratrice generale Silvia Marzocchi. La lettura del dispositivo, in un’aula affollata di giornalisti e attivisti, è stata accolta in silenzio, mentre fuori dall’aula un cartello in urdu recitava: “Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”.

Un simbolo di libertà

Saman Abbas è diventata un simbolo della lotta contro i matrimoni forzati e la violenza di genere. Il 27 dicembre 2023, il comune di Novellara le ha conferito la cittadinanza onoraria, definendola “simbolo di libertà e autodeterminazione personale”. La sindaca Elena Carletti, presente in aula durante il processo, ha ribadito l’importanza di questo riconoscimento per contrastare la pratica dei matrimoni combinati.

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