Condannato per l’omicidio della fidanzata, torna ai domiciliari perché obeso: “Non vivo più”

di Gaetano Ferraro


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Era il giugno 2017 quando Dimitri Fricano, in preda ad un raptus di follia, uccise con 57 coltellate la fidanzata 28enne Erika Preti a San Teodoro, in Sardegna. I due erano in procinto di partire per una gita in barca quando scoppiò una lite furibonda che culminò nell’efferato delitto. Fricano venne condannato a 30 anni di reclusione per omicidio, ma nei giorni scorsi è tornato nella sua abitazione di Biella, agli arresti domiciliari, a causa delle precarie condizioni di salute dovute ad una grave forma di obesità che lo costringe su una sedia a rotelle.

La terribile uccisione, la condanna e il ritorno a casa, reazioni sconvolte dei familiari

La notizia ha sconvolto i familiari di Erika, che vivono nello stesso paese di Fricano. “È vergognoso che un assassino condannato a 30 anni possa andare a casa perché obeso. Non posso pensare ora di poterlo incontrare per strada o dal medico. Quell’uomo deve tornare in carcere, quello è il suo unico posto”, ha dichiarato con rabbia il padre della vittima, Fabrizio Preti, in un’intervista televisiva.

Io non vivo più da quel giorno

Anche Dimitri, intercettato dalle telecamere di Mediaset mentre rientrava nella sua abitazione sorretto dal padre, si è detto addolorato: “Avrei voluto morire io al posto di Erika – ha detto a Pomeriggio 5 -. Io non vivo più da quel giorno. Quel giorno sono uscito di testa. Vivevo per lei. Vivo su una sedia a rotelle, posso morire in ogni momento, sono a rischio della mia vita continuamente”. Il padre dell’omicida ha invece definito l’accaduto una “tragedia” nella quale “c’è chi finisce bene e chi finisce male”, scusando in un certo senso il figlio perché “era uscito di testa e quando uno esce di testa c’è poco da fare”.

Gli utenti divisi sui social

Sui social gli utenti si dividono: da un lato chi, come il padre di Erika, invoca giustizia e non accetta sconti di pena per l’assassino, dall’altro chi, come il padre di Dimitri, parla di una tragedia della follia ed evidenzia le precarie condizioni di salute dell’omicida.

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