Capricci dei bambini a tavola: lo speciale pediatrico per genitori affranti

di cinziaR


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Nei primi anni di vita molti bambini possono avere, sia nella vita quotidiana, sia a tavola, degli atteggiamenti oppositivi e “capricciosi”, reagendo negativamente all’introduzione di nuovi cibi nell’alimentazione quotidiana. A volte il capriccio è scatenato da problemi apparentemente banali (tipo volere un particolare cibo e se non lo ottiene…scatta il capriccio).

Dallo svezzamento in poi il bambino va incontro a nuove abitudini alimentari e scopre nuovi gusti; il genitore decide le regole per un’educazione alimentare corretta (cosa, quando e dove si mangia) influenzando, per gli anni successivi, il rapporto del figlio con il cibo anche attraverso il suo comportamento.

Il bambino, all’inizio, viene in contatto con sapori e odori che, in alcuni casi, accetta subito, altre volte, dopo vari tentativi.

E’ compito del genitore fornire al bambino una corretta alimentazione, offrendogli alimenti sani per crescere, cercando di assecondare le sue preferenze e i suoi gusti e, nel frattempo, sottoporgli anche alimenti che almeno inizialmente non desidera mangiare.

Può succedere che in questa fase alcuni bimbi rifiutino il cibo e facciano capricci che possono sorprendere per la loro violenza, a volte si tratta di vere crisi di collera, davanti alla quale papà e mamma non sanno come reagire.

E’ utile sapere che atteggiamenti di questo tipo sono frequenti e non sono avvisaglie, o il preludio, di un futuro carattere intrattabile, e non sempre sono la conseguenza di errori educativi, ma fanno parte dell’accrescimento del bambino.

 

Capricci a tavola dai 2 anni di vita

Il bambino, intorno ai 2 anni, acquisisce maggiore autonomia e può cercare di manifestare, attraverso il capriccio, varie richieste e pressioni per determinati alimenti e/o comportamenti alimentari, come ad esempio, pretendere la TV o i giochi durante il pasto.

A novembre pubblicherò un nuovo libro su questo argomento. Intanto, potete approfondirlo qui:

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La tavola è un luogo perfetto, anche se non l’unico, per questi “scontri di potere” dove il bambino può manifestare la propria autonomia e, i suoi atteggiamenti oppositivi, spesso, mettono in discussione le regole stabilite dall’adulto, facendo leva sulla preoccupazione che un genitore può avere per il corretto nutrimento del proprio figlio. Ai capricci dei bambini a tavola, i genitori debbono essere pronti a rispondere, cercando, prima di tutto, di capire le motivazioni che li hanno determinati e cercando di agire di comune intesa.

Quando il bambino non riesce a raggiungere un obiettivo, o è costretto a fare qualcosa che non vuole, o gli si nega qualcosa che desidera, può reagire con un’esplosione di rabbia che è la manifestazione della sua angoscia nel riscontrare, contrariamente a ciò che desiderava, la propria incapacità a ottenere quello che desiderava.

È molto probabile che, a questo punto, emergano capricci e rifiuti ostinati e che nell’interazione genitore-figlio si stabilisca un vero e proprio “braccio di ferro all’ultimo boccone“. Il bambino impara prestissimo a sostenere la sfida con i grandi a tavola. Inoltre, se manca la sensazione del piacere durante l’alimentazione, emerge una serie di difficoltà ad autoregolarsi nelle dosi e nella qualità del cibo, con il rischio che nel corso dello sviluppo tutto ciò possa trasformarsi in un disturbo del comportamento alimentare.

Se i capricci a tavola o in altri momenti della giornata sono trascurati o sono affrontati in modo inadeguato o con tentativi disfunzionali reiterati, nel tempo, si possono trasformare in un problema persistente. Con danni a tutta la famiglia e, soprattutto, al bambino.

Ma per quale motivo un bambino fa i capricci?

E’ questo che dobbiamo comprendere. A volte esplodono improvvisamente per una cosa banalissima ma dietro, spesso c’è dell’altro e sta ai genitori, magari aiutati dal pediatra e/o da un pedagogista, capirlo.

I capricci si svolgono sempre su due piani:

  1. esplicito, con motivazioni a volte veramente di poco conto tipo: voglio questo o voglio vestirmi in quel modo;
  2. implicito: è il piano quasi mai immediatamente evidente che può riguardare aspetti affettivi, psicologici e relazionali del bambino, con il genitore (o con l’adulto a cui è affidato: vedi tata e personale degli asili).

I piani impliciti più frequenti sono:

  • “Bisogno di un segno di amore” perché non è sicuro di essere amato (magari in particolari circostanze come un lutto, un trasloco, l’arrivo di un fratellino).
  • “Bisogno di sapere quanto potere ha il bambino” nella relazione con gli adulti. Percepire di non averne o, al contrario, averne troppo (bambino tiranno) aumenta il disagio e di conseguenza i “capricci”.
  • “Bisogno di regole, ovvero quanto potere ha il genitore”: attraverso il capriccio il bambino può segnalare che l’adulto non sta gestendo adeguatamente il suo potere con lui. Il bambino ha bisogno che l’adulto lo eserciti adeguatamente, in modo chiaro, coerente ed esplicito, per dare un preciso orientamento e fornire sicurezza. Ha bisogno che l’adulto gli dica “No”, con fermezza e con chiarezza al fine di percepire attorno a sé sicurezza. La fermezza, la coerenza e la sensatezza nel porre le regole fanno parte dell’amorevolezza. E il bambino lo sente.
  • “Bisogno di sapere se il genitore è sufficientemente stabile e forte”. E’ angosciante per il bambino avere un adulto fragile che lui può comandare. Il bambino assume allora la parte di quello “forte”, che decide ma senza aver esperienza e competenze. Avremo quindi un bambino che sebbene assuma atteggiamenti dispotici, dittatoriali e intimidenti nei confronti di un adulto debole, è un bambino in crisi.
  • “Bisogno di autonomia”: sentire riconosciuto un certo grado (all’inizio piccolissimo) di autonomia (da subito, per esempio nel ritmo e nella durata della suzione). Se non vengono riconosciute le proprie competenze è possibile che, prima di disperarsi del tutto, cerchi di “forzare” l’adulto con dei capricci.
  • “Bisogno di percepirsi come soggetto della propria vita”. Il bambino ha bisogno che sia sistematicamente riconosciuto dagli adulti che si occupano di lui il valore del suo sentire, del suo pensare, del suo desiderare e del suo volere.

Non è facile, ma sapendolo, si hanno più possibilità di reagire in modo adeguato

 

Che cosa fare quando i bambini fanno i capricci?

Può essere utile interrompere il contatto, per un breve tempo. Ma una cosa, fra tutte, è fondamentale: mai mettersi al livello del bambino. Mai. Anche quando è esasperato, il genitore deve ricordarsi di essere su un altro piano. Non è mai il caso di mettersi a litigare col bambino. La relazione tra adulto e bambino non è paritaria. L’adulto ha dei compiti educativi.

Le regole standard che un genitore cerca di stabilire a tavola – e che il bambino può mettere in discussione con i capricci – sono descritte in altre parti del libro in via di uscita sulla alimentazione (oltre a non guardare Tv o videogiochi):

  • imparare a mangiare senza farsi imboccare;
  • mangiare tutto ciò che c’è nel piatto (facendo porzioni di cibo adeguate e non eccessive);
  • non giocare con il cibo o giocattoli;
  • mangiare tutti i cibi proposti dal genitore, anche quelli meno desiderabili ma importanti per differenziare l’alimentazione;
  • non alzarsi da tavola prima che il pasto sia concluso o il genitore dà il permesso di alzarsi.

Per far rispettare queste poche e fondamentali regole l’adulto non deve far altro che armarsi di molta pazienza e guidare dolcemente il comportamento del bimbo.

Quindi:

  • Imporre delle regole chiare e ragionevoli. L’osservanza delle regole dà ai bambini la sensazione di aver imparato a gestirsi e di aver accontentato i propri genitori e ciò fa nascere in loro sentimenti di autostima. (il potere del genitore; forza, stabilità e chiarezza del genitore).
  • Esprimere il vostro consenso e il vostro gradimento quando il bambino si comporta bene: se il bambino avverte che quello che fa da contentezza ai suoi genitori, si sente gratificato e importante, e questo lo stimola a ripetere quel comportamento adottato. (far sentire il bambino riconosciuto, rispettarne l’autonomia).
  • Non impartire ordini rigidi e autorevoli (Mangia e zitto!)
  • Non arrivare a contrattazione con il ricatto emotivo (Fallo per la mamma, ti prego).
  • Non forzare e fare pressioni. L’eventualità che il bimbo possa mangiare di meno o addirittura saltare il pasto crea angoscia e genera fantasie catastrofiche (“Non mangerà, non crescerà, si sentirà male” e via dicendo).
  • Non insistere perché l’ostinazione si può trasformare gradualmente in costrizione e mettere il bambino a disagio e impedirgli di sperimentare la sensazione del piacere che naturalmente dovrebbe accompagnare l’esperienza del pasto.
  • Non infliggere punizioni perchè non sono un mezzo educativo efficace.
  • Non ascoltate i consigli di parenti ed amici: voi soli conoscete vostro figlio come nessun altro può farlo.
  • Non fare confronti con fratelli, sorelle o amici.
  • Non usare le minacce.
  • Non tormentatevi chiedendovi se state facendo le cose giuste e se siete dei bravi genitori.
  • Armatevi di tanta pazienza e vedrete che il tempo risolverà molti problemi.

Per approfondimenti, leggi questo articolo anche sul mio blog

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