Alvaro Vitali: “Cambiavo auto e donna ogni tre mesi, oggi dimenticato”

di Manuela Zanni


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Alvaro Vitali dimenticato dal cinema. Dopo il successo grazie al ruolo di “Pierino”, adesso vive nei ricordi e spera in un’ultima occasione, per «fargliela vedere a chi non ha creduto in me», ha detto in un’intervista a Repubblica. L’attore romano, 72 anni, si racconta tra gioie e dolori.

La brillante carriera Alvaro Vitali

Da elettricista ad attore, scoperto da Federico Fellini. «Ma non sapevo neanche chi fosse, io al cinema andavo a vedere i film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia», dice. La sua carriera è iniziata  nel 1969. «Avevo 18 anni e guadagnavo 16mila lire a settimana. Poi sono stato reclutato per una parte di Satyricon. Settantamila lire al giorno, per sette giorni di lavoro». Una svolta. Dopo quel film, Fellini lo chiamò per altre parti. «Lo divertiva la mia indole popolare. Mi chiedeva: “Ti è piaciuto Giulietta degli spiriti?” “Sì”, mentivo. “E cosa ci hai capito?” “Un cazzo, dottore”. Fellini ne rideva», dice.

Alvaro Vitali racconta come il cinema  ha cambiato la sua vita

“Un giorno venne a trovarmi uno del mio quartiere, Pippo Spoletini, che di mestiere faceva il capogruppo sui set: reclutava le comparse per il cinema. Mi disse che Federico Fellini cercava un ragazzino magro come me. “Chi è Fellini?” gli chiesi. Io al cinema andavo a vedere i film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Era il 1969, avevo diciotto anni. Facevo il ragazzo di bottega in un negozio di piazza Mastai. Il principale, Gino Segarelli, mi passava 16mila lire a settimana”, racconta Vitali. Il cinema non fu una vocazione, spiega Vitali: “No, fu un grande regalo della vita. Il sabato successivo mi ritrovai nel teatro numero 5 di Cinecittà, circondato da clown, mangiafuochi, ballerine. Mi fecero attendere sette ore seduto su una panchina. Poi fecero entrare me e un ragazzo napoletano in una sala enorme, avevo un faro puntato contro alle cui spalle scorsi una macchina da presa enorme. Su una scala svettava un signore di cui, accecato, distinsi soltanto il capello e una sciarpa”.

Alvaro Vitali

Alvaro Vitali

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Con i primi soldi guadagnati «comprai casa a nonna Elena, in via Oderisi da Gubbio, nel quartiere Marconi. Sono stato a casa con lei dagli 8 ai 32 anni. Con mia madre erano litigate continue…», racconta Vitali. Al successo ci è arrivato dopo: «Amarcord mi diede notorietà. Il regista Nando Cicero, che era stato l’aiuto di Francesco Rosi, stava preparando L’insegnante, con Edwige Fenech. Mi chiamò. Dovevo interpretare un alunno siciliano che le sbavava dietro. Non poteva chiedermi di meglio: mi ero sempre ispirato a Lando Buzzanca». «Ho fatto cinquanta film – racconta – Se ero ricco? Cambiavo macchina e donne ogni 3 mesi».

Alvaro Vitali

Alvaro Vitali

La rivelazione (amara) di Alvaro Vitali

Il successo però non è eterno: «Ero così famoso che non potevo entrare nei ristoranti. Poi il telefono ha smesso di squillare. Non mi spiego il perché. Ero popolarissimo. E lo sono ancora a 72 anni. Mi fermano per strada, mi chiedono i selfie. “Alvaro, tu sì che ce facevi divertì”, dicono. Io ho salvato il cinema commedia italiano», dice. E ora? «Dopo un periodo di depressione, arrotondo facendo spettacoli, nei teatri, soprattutto al Sud. A Roma poco, non c’è il culto della serata. Di pensione ora prendo 1.200 euro. Mi hanno fregato un sacco di contributi».

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