In un mondo fatto di veline, top model e nella maggior parte dei casi di sole apparenze, i risultati di uno studio sul rapporto tra bellezza e lavoro, condotto da due ricercatori israeliani, possono suonare abbastanza “stonati”. Secondo Bradley Ruffle e Ze’ev Shtudiner dell’Università Ben Gurion del Negev e Ariel Center di Samaria, le donne belle hanno maggiori difficoltà a trovare un impiego, come se quella bellezza che ha sempre fatto girare il mondo in un certo modo, oggi sia uno dei fattori di discriminazione.
Bella ma stupida, ecco un’associazione arbitraria con cui le donne non troppo affascinanti hanno sempre difeso la propria intelligenza, e che sicuramente in questa ricerca potranno letteralmente riscattarsi. E la questione peggiora se ad assumere è una donna, che indipendentemente dalle qualità della candidata per un’innata competitività eviterà sicuramente di assumere in azienda donne molto avvenenti. Una discriminazione contro i belli che in realtà colpisce solo il sesso femminile, e che si risolve nel conflitto “Eva contro Eva”.
Come spiegato minuziosamente dai due ricercatori in un articolo apparso sull’Economist, l’indagine si è svolta inviando alcuni curricula in risposta ad offerte di lavoro: alcuni erano senza foto, altri in allegato presentavano anche la fotografia del candidato, mischiando volti abbastanza comuni a visi particolarmente carini e affascinanti. A questa ricerca hanno partecipato studenti universitari sia di sesso maschile che di sesso femminile e i risultati sono stati i seguenti:
Inizialmente l’associazione è stata “bella dunque oca”, scavando più in profondità è venuto fuori che, nella maggior parte dei casi, ad occuparsi del reclutamento, nel settore risorse umane, erano donne giovani e single. Ecco spiegato il binomio “Eva contro Eva” per cui la bellezza sul lavoro diventa fattore di discriminazione. Ovviamente le cose vanno in modo totalmente diverso se ad assumere è un uomo, e la cosa non ci sorprende.