La nuova pubblicità di Adidas sta facendo parlare tutti. Il marchio sportivo in collaborazione con Stella McCartney ha lanciato una nuova linea. Il simbolo è l’emblema della demolizione di canoni precostituiti e imposti al mondo femminile.
La modella è la pole dancer britannica Leila Davis: sfoggia ascelle non depilate, e con i peli bene in vista. Il post conta oggi più di quattromila commenti (a fronte di una media che si aggira tra i 30 e i 100 negli altri post).
Questo ha scatenato il movimento che porta il tag di #nowax. Il divario creatosi è sempre lo stesso: chi li trova orribili, e lo dichiara apertamente, e chi festeggia la scelta del brand e della modella di rappresentare un tipo di donna sicura di sé e non schiava della dittatura estetica che per anni ha imposto al corpo femminile di dover essere perfettamente liscio.
“Sono anti-igienici” chiosa qualcuno, “Fanno schifo”, “Siete ridicoli”, scrivono alcuni utenti indignati. A fronte, tantissimi altri commenti celebrano la normalizzazione di una parte del corpo assolutamente naturale, la positività, la libertà di essere chi si desidera essere.
Quella del doversi depilare è un’imposizione che nasce da quando è stata pensata la lametta per rimuovere questi “dettagli antiestetici”. Adidas vuole ribaltare questa concezione, esaltando la bellezza della donna nella sua completa naturalezza.
Non è la prima volta che il brand utilizza modelle e testimonial non depilate per pubblicizzare i propri capi: tre anni fa la modella e artista Arvida Bystrom ha “urtato la sensibilità” di molti mostrando i peli sulle gambe, scatenando il putiferio social e attirando su di sé le ire funeste di molti utenti (incluse minacce).
Le immagini che oggi il marchio propone hanno come soggetti donne di ogni taglia e colore, con pelli non photoshoppate (o, almeno, non all’inverosimile), imperfezioni visibili. La strategia è chiara: normalizzare tutti i corpi e smettere di patinarli fino a renderli irreali. Puro marketing? Se lo chiedono in molti, e forse in parte lo è, ma di sicuro è un modo efficace di rappresentare una società in piena evoluzione, rivolgendosi soprattutto alla Generazione Z che più di ogni altra è avulsa agli stereotipi e alle imposizioni.