Adozione internazionale: come funziona?

di francesca


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Il tema dell’Adozione Internazionale è sempre molto caldo in Italia, poiché sempre più coppie si interessano ad esso, anche constatando la seria difficoltà ad ottenere un’adozione nazionale.

Molte coppie si chiedono quale funzione abbiano gli enti autorizzati nel percorso adottivo.

Gli Enti Autorizzati (organismi privati con funzioni pubbliche), ben lungi dall’essere mere agenzie di servizi, devono avere lo scopo primario della protezione dei minori svantaggiati, quelli cioè che non hanno una famiglia, o ne hanno avuta una inadeguata alle loro primarie esigenze, anche e soprattutto impegnandosi in attività di cooperazione internazionale a favore dei diritti dell’infanzia.

Il 29 maggio 1993 venne firmata la Convenzione dell’Aja, sulla “Tutela dei minori e la cooperazione in materia dell’adozione internazionale”. In Italia, tale convenzione è stata ratificata con la legge 476 del 1998, che, tra l’altro, ha stabilito che le coppie aspiranti adottive, dotate di decreto di idoneità all’adozione internazionale rilasciato dal Tribunale per i Minorenni, conferiscano ad un Ente autorizzato, entro un anno dalla notifica del decreto, mandato ad occuparsi dell’iter adottivo di un bimbo straniero.

L’Ente deve essere composto da professionisti esperti nella materia dell’adozione nelle diverse specializzazioni: avvocati, psicologi, assistenti sociali; deve avere una struttura organizzativa in almeno una regione italiana ed avere dei referenti nei Paesi in cui opera.

L’Ente ha sostanzialmente la funzione di seguire le coppie dotate di decreto di idoneità all’adozione dal momento del conferimento incarico, fino al termine dell’adozione (rapporto che può arrivare a durare alcuni anni), informandole e sostenendole.

Anzitutto deve fornire tutte le informazioni necessarie alla coppia: tempi prevedibili di attesa, iter della procedura, documenti necessari, costi della propria struttura e dei viaggi all’estero nonché condizioni dei minori abbandonati o ricoverati in istituto nel Paese che si è scelto per adottare.

Deve provvedere a tutte le pratiche presso le autorità straniere competenti per le adozioni; ma deve anche preparare adeguatamente le coppie italiane all’incontro col Paese d’origine del bambino che adotteranno e soprattutto all’incontro col bambino stesso.

Quando gli aspiranti genitori adottivi si recheranno nel paese del bimbo che stanno per adottare, devono accompagnarli, attraverso i propri referenti, nella delicatissima fase di incontro e di frequentazione con il bambino, curando anche le procedure per il rientro in Italia.

Successivamente, sarà l’Ente a redigere tutti i report che richiedono le Autorità del Paese di origine del bimbo ed a spedirli all’Estero.

Deve inoltre porgere il suo sostegno alla famiglia nella fase post adottiva, per meglio garantire l’inserimento del bambino nella nuova famiglia e nella nuova società, che rimane il fine supremo dell’adozione internazionale.

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