Lo svezzamento: quando e come iniziare?

di francesca


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Letteralmente, svezzare significa “togliere il vizio”: poiché non si tratta di vizio, ma della fisiologica alimentazione del neonato, è più corretto parlare di “introduzione di alimenti complementari”, come fa l’OMS nelle sue linee guida.

Svezzamento: quando?

Secondo l’OMS, lo svezzamento non dovrebbe iniziare prima dei 6 mesi nei bambini alimentati con latte materno. A parte qualche pediatra anticipo, tutti concordano sul fatto di non inserire alcun tipo di alimento solido prima dei 3 o, ancor meglio, prima dei 4 mesi di vita: l’intestino del neonato sarebbe infatti immaturo e la troppo precoce introduzione di alimenti lo esporrebbe al rischio di sviluppare allergie alimentari.

Comunque, per essere pronto all’uso del cucchiaino il bambino dovrà aver imparato a stare seduto e aver perso il riflesso di estrusione della lingua con il quale il lattante, fino al quarto/sesto mese, si oppone alla introduzione di cibi solidi in bocca (così come di corpi estranei). Non ultimo, dovrà mostrare interesse per i nuovi sapori.

Ci sono diversi modi possibili per iniziare lo svezzamento.

Svezzamento tradizionale: le pappe “salate”

Nello svezzamento tradizionale, consigliato in Italia dalla maggior parte dei pediatri, si inizia prima con qualche cucchiaino di frutta (mela grattata o omogeneizzata, pera, banana e, talvolta, prugna, se il piccolo tende alla stitichezza). Si passa quindi, verso il 5-6 mese, alla prima pappa “salata” (in realtà non si usa sale). Il rito prevede la preparazione di un brodo, inizialmente con poche verdure (patata, carota e, talvolta, zucchina o bieta), a cui verrà aggiunta una crema di cereali precotti (riso e/o mais e tapioca) e, subito o dopo una settimana, liofilizzato o omogeneizzato di carne. Un cucchiaino di parmigiano e un filo d’olio d’oliva completeranno il tutto. Dopo una decina di giorni potranno essere aggiunte le verdure passate o frullate. Nuove verdure e nuovi tipi di carne o di altri alimenti vengono introdotti circa una volta a settimana, per individuare eventuali reazioni allergiche, secondo schemi forniti dai pediatri e, comunque, facilmente reperibili su internet. Benché molte mamme (e anche alcuni pediatri) trovino desiderabile sostituire fin dal primo giorno una poppata con un intero pasto, non sempre è così semplice, poiché i bambini possono non gradire i nuovi sapori, oppure considerarli semplici assaggi che soddisfano la loro curiosità ma, subito dopo, chiedere di saziarsi con l’unico alimento che conoscono: il latte. L’OMS dà loro ragione e raccomanda di cominciare “con piccole quantità di alimenti e aumentare con la crescita dei bambino, continuando a allattare al seno frequentemente”. Gradualità anche nelle quantità, dunque.

L’autosvezzamento

Con questo termine, che a alcuni suonerà un po’ troppo “alternativo”, si indica la modalità di svezzamento più naturale e graduale: il bambino manterrà un’alimentazione a base prevalente di latte e riceverà assaggi di cibi semplici e genuini, ma non preparati appositamente, dalla tavola dei genitori. Le consistenze dovranno, ovviamente, essere adatte o adattate alla fase dello svezzamento in cui il bambino si trova: prima morbide e cremose, via via più grumose e dense, fino ai piccoli pezzi solidi ma facili da schiacciare e così via. Uno dei vantaggi dell’autosvezzamento è il miglioramento delle abitudini alimentari di tutta la famiglia poiché, per dare assaggi al bambino, dovranno essere preferite cotture semplici e condimenti sani.

Lo svezzamento dolce

Poiché il sapore dolce è, di solito, più gradito ai bambini, talvolta i pediatri consigliano di iniziare lo svezzamento con le pappe lattee, o farine lattee. È un buon modo per abituare i bambini al cucchiaino, e all’idea di saziarsi con qualcosa di differente dal latte.
Molti temono, però, che il bambino possa faticare a abbandonare il sapore dolce per quello salato. Nel caso in cui il bambino accetti le pappe dolci, ma non quelle salate, si può tentare un passaggio progressivo, preparando la pappa nel modo tradizionale ma sostituendo la farina di cereali con una farina lattea, inizialmente.
Alcuni, inoltre, le usano come pappa serale o in sostituzione del latte a colazione o merenda, se il bambino lo rifiuta.

Cucchiaino o biberon?

Poiché il bambino deve imparare a alimentarsi in modo differente, non ha molto senso forzare la mano mettendo le pappe nel biberon: probabilmente, non ha ancora perso i riflessi arcaici e non è ancora pronto all’uso del cucchiaino.
Talvolta, però, se il bambino ha superato i sei mesi e è allattato artificialmente, potrebbe avere più difficoltà a abbandonare il biberon (come mezzo per alimentarsi) che a accettare nuovi sapori: in questo caso, l’utilizzo di un biberon con una tettarella adeguata, tale da consentire il passaggio di una pappa più densa del latte, potrebbe aiutarlo a conoscere il nuovo sapore e, nel caso lo gradisca, a passare gradualmente al cucchiaino.

In sostanza, come svezzare un neonato?

Non c’è un unico modo valido. Lo svezzamento tradizionale, se ben accetto, è indubbiamente comodo per diversi motivi: le cose sono preparate appositamente, nelle consistenze giuste, i genitori non devono riadattare la loro alimentazione, sono tranquilli poiché le pappe contengono tutto il necessario e nelle giuste quantità. Considerate, comunque, che le abitudini familiari sono fondamentali, una volta finito il periodo dei 6-18 mesi, e che spesso, purtroppo, a uno svezzamento da manuale segue un’alimentazione non altrettanto valida.
Nel caso, non troppo raro, in cui il bambino rifiuti lo svezzamento tradizionale, è senz’altro preferibile imboccare strade alternative, piuttosto che insistere, come fanno alcuni, e far diventare la cucina un campo di battaglia e i pasti una fonte di frustrazione per genitori e bambini. Un bambino che si alimenta ancora in gran parte di latte ha tutto quello che gli serve per crescere in salute. Se il pediatra dovesse sospettare qualche carenza nutrizionale, ha tutto il tempo di intervenire con un integratore adeguato.State, dunque, tranquilli: non è obbligatorio iniziare a sei mesi esatti, non accade nulla se riponete il cucchiaino per tentare dopo un paio di settimane o se il bambino non finisce tutta la pappa nelle quantità indicate dagli schemi di svezzamento, poiché ognuno ha esigenze diverse.
Addirittura, come è successo a me col secondo figlio, potrebbe non voler mai assaggiare una pappa tradizionale, ma servirsi direttamente dal vostro piatto con piccoli assaggi che, col tempo, diventeranno un pasto completo.

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