Il pianto del neonato: cosa fare e quali i possibili motivi?

Il pianto dei bambini, soprattutto nei primi mesi di vita, fa spesso preoccupare e angosciare i genitori.
Prima di tutto perchè i bambini piangono senza contenimento e poi perchè spesso lo fanno senza un apparentemente perchè. I motivi, in realtà esistono e sono anche decisamente validi. Vediamo quali sono.

Motivi del pianto

Prima di tutto è bene sapere che è nella natura del neonato piangere perchè in questo modo lui comunica col mondo.

Durante i primi periodi di vita, il pianto è istintivo, dovuto al contatto con gli altri e può avere diversi significati primordiali:

– Fame
– Sonno
– Dolore
– Fastidio
– Adattamento

Altra causa ricorrente sono le coliche gassose, in grado di provocare crisi di pianto prolungate davanti alle quali spesso i genitori reagiscono in maniera ansiosa. Pare infatti che sia proprio l’ansia trasmessa dai genitori al neonato a mantenere, mediante un circolo vizioso, lo stato di irrequietezza del bebè.

Spesso, poi, il neonato piange in concomitanza al cambio di ambiente: per esempio dall’ospedale alla propria casa.

Passati i due mesi di vita è sempre più difficile che il neonato pianga per fame, mentre è più probabile che il suo pianto sia espressione di:

– Timore di staccarsi dalla mamma
– Paura degli estranei
– Stanchezza

I bambini, infatti, sebbene esseri comunicativi e interattivi, sono terrorizzati dalle figure nuove che loro vivono appunto come “estrenei”. Inoltre non riescono a riconoscere i propri limiti fisici e magari, esausti, piangono per poi addormentarsi.
Se non è per fame, sonno o freddo o comunque per bisogni primari, ci sono altri motivi per cui il bambino può piangere.
Ad esempio, Brazelton (un famoso pediatra) individua, oltre al pianto per i bisogni primari, altri tipi di pianto, come:

  • il pianto per noia (quando il bambino piagnucola ad intermittenza)
  • il pianto per sfogarsi (è un pianto agitato e intermittente, a volte scambiato per quello delle coliche, che serve essenzialmente per scaricare il bambino dalle tensioni accumulate durante il giorno. E’ un tipo di pianto che può essere scatenato anche dal massaggio infantile, poiché il massaggio per sua natura può far emergere delle tensioni interne non venute alla luce).
  • il pianto per eccesso di stimoli. Troppi stimoli possono provocare un pianto di fastidio, oppure la frustrazione stessa di non essere capiti o di non poter comunicare in una modalità diversa possono essere causa di pianto.

In tutti questi casi, e in molti altri, il pianto ha un ruolo autoconsolatorio e terapeutico.

Caratteristiche da considerare

Sono stati condotti, infine, molti studi sul pianto del neonato nel tentativo di verificare se vi fossero caratteri in grado di contraddistinguere per esempio il pianto da fame da quello di dolore.
Anche se non si è stati in grado a tutt’oggi di “decifrare” con precisione questo linguaggio si può tentare di tracciare alcune linee guida generali.

– La tonalità del pianto: se si mantiene costante nel tempo oppure diminuisce per poi aumentare può essere segno di un disturbo da valutare con l’ausilio di un pediatra; se diminuisce o aumenta per poi diminuire non deve destare nessuna preoccupazione
– Le pause
: se il bambino smette di piangere per riprendere fiato, in genere si tratta di un pianto da fame; se tra gli strilli c’è una fase di silenzio della durata di circa 2 secondi è possibile che il pianto sia sostenuto da uno stimolo doloroso
Cosa fare dunque?

E’ sempre importante che i genitori si pongano con un comportamento critico, cercando così di capire il bambino sta cercando di dirci con quel pianto.

Uno schema dettagliato delle azioni da compiere può aiutare a considerare la situazione nel giusto modo per affrontarla al meglio:

  • Prima di tutto bisognerà assicurarsi che non ci siano delle cause oggettive di dolore: che il bebè sia posizionato bene, respiri bene, non sia in fase di dentizione, non sia bagnato, non ci sia troppo caldo o troppo freddo
  • E’ bene non cercare di calmare il pianto con delle azioni ripetute nel tempo perchè ciò potrebbe abituare il piccolo a richiedere, istintivamente, quel tipo di rimedio: se per esempio ha già fatto la poppata non attaccarlo ancora al seno per tranquillizarlo
  • Piuttosto, prenderlo in braccio e coccolarlo per rassicurarlo, stringendolo in un abbraccio rassicurante. Questa è la migliore soluzione
  • Tentare di consolarlo senza timore di viziarlo: si sta solo rispondendo a una sua naturale esigenza
  • Se la giornata del bambino è stata intensa e lui non ha riposato, è facile che scoppi a piangere facendo capricci, dicendo che vuole un cosa e poi rifiutandola…In questi casi è bene parlare dolcemente ma con fermezza al bambino, dicendogli che ha bisogno di riposare e metterlo a dormire. Il pianto può continuare anche nel letto, ma in breve porterà al sonno.

Per conludere si può dire che è bene che il bambino possa esprimere liberamente i suoi sentimenti e che, non sempre, la nostra apprensione per il suo dolore è garanzia della sua serenità.
Quello che invece occorre è una buona dose di allegria e tranquillità nell’affrontare ogni situazione della vita quotidiana, sdrammatizzando il più possibile.

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