Che cos’è la violenza ostetrica

di Alice Marchese


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Il parto non sempre viene vissuto come un momento di profonda importanza e di estrema sacralità e bellezza. A volte può trasformarsi in un vero e proprio incubo che una donna scolpisce nel suo cuore per sempre. Ricordare il parto non diventa più un attimo di infinita dolcezza, ma si associa la nascita del proprio figlio ad un vero e proprio trauma. Ecco cos’è la violenza ostetrica.

Cos’è la violenza ostetrica

⁣”Quando entri diventi un numero: sei solo una che deve partorire nel più breve tempo possibile, dando il minor fastidio possibile”. Racconta a Repubblica così Alessia Vinciguerra, mamma di tre bambine. Ricorda zero empatia, nessuna spiegazione. E nessun accorgimento per rendere più rassicurante un momento di tensione e paura come può essere il primo parto.⠀

Mercoledì 20 settembre è stata presentata a Roma la prima ricerca nazionale sulla violenza ostetrica.

I dati parlano chiaro. Dal 2003 sono circa 1 milione le donne in Italia – il 21 per cento del totale – che affermano di aver subito una qualche forma fisica o psicologica di violenza alla loro prima esperienza di maternità. Un altro 23 per cento ha risposto di non esserne sicura.

Si parla di abuso fisico diretto, abuso verbale, procedure mediche coercitive o non acconsentite inclusa la sterilizzazione.
Mancanza di riservatezza, carenza di un consenso realmente informato, rifiuto di offrire un’adeguata terapia per il dolore, gravi violazioni della privacy, rifiuto di ricezione nelle strutture ospedaliere.
Inoltre vi è anche la trascuratezza nell’assistenza al parto con complicazioni altrimenti evitabili che mettono in pericolo la vita della donna. Anche la detenzione delle donne e dei loro bambini nelle strutture dopo la nascita connessa all’impossibilità di pagare.

Cos’è per l’Oms

L’eccesso di interventi medici, le cure senza consenso o anche la mancanza di rispetto sono elementi che caratterizzano notevolmente questa forma di violenza. Si tratta di atteggiamenti insiti nelle disuguaglianze di genere, ha spiegato l’Organizzazione Mondiale della Sanità e come sostengono diversi studi scientifici in materia. Si possono infatti descrivere come la forma più invisibile e naturalizzata della violenza contro le donne che si verifica all’interno dei sistemi sanitari.

In un lungo articolo su Slate, riportato dal Post, dedicato alla violenza ostetrica si spiega innanzitutto perché sia così difficile considerarla un problema.

A causa, da una parte, della mancanza di riconoscimento in generale verso le donne che testimoniano individualmente la loro esperienza traumatica o le imposizioni che hanno ricevuto, e dall’altra per il fatto che alcune pratiche (anche mediche) sono legittimate collettivamente.

Il termine apparso in Sudamerica

Il termine è apparso per la prima volta in alcuni paesi del Sudamerica quando alcune organizzazioni non governative e i gruppi femministi cominciarono in modo più sistematico a lottare per un miglior accesso delle donne alle cure. Poi l’uso dell’espressione si è diffuso nel mondo anglosassone e più recentemente nel resto d’Europa.

Documento dell’OMS

Nel 2014 l’OMS ha scritto un documento che si intitola “La prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere”.

Lì viene dichiarato che in tutto il mondo molte donne durante il parto in ospedale «fanno esperienza di trattamenti irrispettosi e abusanti». Questa violenza lede non soltanto il diritto delle donne ad un’assistenza sanitaria rispettosa, ma minaccia il diritto alla vita, alla salute, all’integrità fisica e alla libertà da ogni forma di discriminazione.

Da chi viene praticata la violenza ostetrica

La violenza ostetrica non viene praticata dalle ostetriche. Il termine si riferisce all’abuso che avviene nell’ambito generale delle cure ostetrico-ginecologiche. Può essere realizzato da tutti gli operatori sanitari che prestano assistenza alla donna e al neonato. Come il ginecologo, ostetrica o altre figure professionali di supporto.

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