Iran, calciatore condannato a morte per avere difeso i diritti delle donne

di Redazione


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Amir Nasr-Azadani, ex calciatore iraniano professionista di 27 anni, è stato condannato a morte per aver difeso pubblicamente le libertà e i diritti delle donne nel suo Paese, dove da settimane sono in corso proteste contro il regime teocratico di Teheran, cominciate dopo l’uccisione di Masha Amini perché non aveva indossato correttamente il velo.

Lo ha denunciato su Twitter la FIFPRO, il sindacato internazionale dei calciatori, che si dice “scioccata e disgustata” dalle notizie sull’esecuzione di Amir. La FIPRO, oltre a esprimere la propria solidarietà al calciatore, ha chiesto “l’immediata rimozione della sua punizione”.

Si è appreso che il calciatore 27enne è stato arrestato lo scorso 27 novembre con l’accusa di tradimento perché considerato membro di “un gruppo armato e organizzato che opera con l’intenzione di colpire la Repubblica islamica dell’Iran”.

Amir Nasr-Azadani sarà ucciso tramite impiccagione. L’ex calciatore (ha smesso di giocare due anni a causa degli infortuni) era uno dei nove imputanti per l’uccisione di tre agenti durante le rivolte del 17 novembre. Tuttavia, secondo gli attivisti per i diritti umani, in Iran sono in corso processi – farsa con il solo obiettivo di montare accuse per condannare a morte i manifestanti.

Condannatte a morte altre 12 persone, tra cui Hossein Mohammadi, attore di teatro. E almeno un’altra ventina di persone rischiano la stessa sorte.

In Iran, come riportato su BlogSicilia, sono stati già impiccati il 23enne Majidreza Rahnavard e il coetaneo Mohsen Skekari, entrambi accusati di “inimicizia contro Dio”.

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