Separazione o divorzio consensuale: le 3 vie percorribili oggi

di Danila


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Oggi i coniugi possono separarsi e divorziare in Tribunale, in uno Studio legale o in Comune. L’attuale Riforma ha completamente stravolto le regole per chi intende mettere fine al proprio matrimonio o rivedere le precedenti condizioni stabilite dal giudice. Ecco una breve guida per orientarsi tra le nuove norme.

Attualmente, se c’è l’accordo di entrambi i coniugi su tutti gli aspetti economici e personali (quella che un tempo si chiamava “consensuale”), ci si può separare o divorziare, o rivedere le precedenti condizioni, in tre forme diverse. In altre parole, la coppia deve avere trovato l’intesa sull’assegno di mantenimento, divisione dei beni, assegnazione del tetto, collocamento dei figli e visite settimanali.

Diversamente, in mancanza di accordo, si procede sempre in tribunale (con quella che comunemente viene detta “la via giudiziale”) alla presenza degli avvocati e con una causa che, a volte, oltre che costosa può anche durare diversi anni.

Separazione o divorzio? Qual è la differenza?

La differenza tra separazione e divorzio è che se la prima sospende soltanto gli effetti del matrimonio (restano in vita i diritti successori, salvo in caso di addebito), con il secondo cessano definitivamente. Per separarsi dal coniuge, e per divorziare, le vie percorribili sono 3, ma in tutti questi casi sarà fondamentale che entrambi siano d’accordo sulle condizioni. Dunque vediamo cosa fare e dove recarsi per avviare le pratiche di separazione o divorzio.

1.     IN TRIBUNALE

Sia per la separazione consensuale, che per il divorzio consensuale, la procedura in tribunale è simile essendo sufficiente un solo avvocato (ma le parti possono anche decidere di nominare uno a testa).

La procedura si avvia con il ricorso da presentare alla cancelleria del luogo di ultima residenza della coppia o la residenza attuale di uno dei coniugi.

Il giorno dell’udienza il Presidente del tribunale tenta una conciliazione (un adempimento, che avviene oralmente, ma ormai divenuto più formale che sostanziale). Quindi se ritiene l’accordo rispettoso delle leggi e dell’ordine pubblico, l’omologa e autorizza i coniugi a vivere separati.

2 . NEGOZIAZIONE ASSISTITA

In vigore dal 12 settembre 2014, la negoziazione assistita, avviene con la firma di un accordo scritto alla presenza di entrambi gli avvocati dei coniugi (non è possibile la negoziazione assistita con un solo legale). Non è necessario recarsi in tribunale: è sufficiente firmare l’accordo allo studio di uno dei due avvocati o anche in una sede neutra. I coniugi saranno tenuti a pagare la parcella ai rispettivi avvocati, per come concordata in anticipo.

La convenzione deve precisare il termine concordato per svolgere la negoziazione (minimo un mese e massimo tre, con la chance di una proroga di altri 30 giorni) e l’oggetto.

Questa procedura è percorribile anche in presenza di figli minori o portatori di handicap o maggiorenni non autosufficienti. È sempre necessario, come detto, il previo accordo dei coniugi. L’accordo sarà firmato dai coniugi e le firme sono certificate dagli avvocati.  Nell’accordo va indicato che gli avvocati hanno cercato di conciliare i coniugi e che li hanno informati della possibilità di ricorrere alla mediazione familiare.

Gli avvocati devono trasmettere l’accordo al Pubblico Ministero presso il tribunale competente. Se non rileva irregolarità, il Pm dà agli avvocati il nulla osta a trasmettere copia autenticata dell’accordo all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto. Per farlo, gli avvocati (o anche uno solo dei due) hanno 10 giorni: altrimenti, rischiano una sanzione da 2mila a 10mila euro, irrogata dal Comune.

Se il Pm invece ravvisa irregolarità, la procedura si trasforma automaticamente in una separazione/divorzio consensuale in tribunale. In pratica, in tal caso, il Pm trasmette l’accordo entro 5 giorni al presidente del tribunale che deve fissare, nei successivi 30 giorni, la comparizione di moglie e marito.

3.     IN COMUNE

I coniugi si recano in Comune, per chiedere l’appuntamento con l’ufficiale di Stato Civile – in sua assenza sarà il Sindaco a farne le veci – e provvedere, quindi, a chiedere la separazione/divorzio/modifica delle condizioni di separazione o divorzio.

Non c’è bisogno della presenza degli avvocati e pertanto la procedura è interamente gratuita salvo il pagamento di un diritto fisso oggi previsto per le pubblicazioni di matrimonio. È consigliabile, comunque, che l’accordo sia stilato da un consulente o da un legale.

Questa procedura è possibile solo se la coppia non ha figli minori, con handicap o maggiorenni economicamente incapaci. Pertanto, se la coppia ha figli maggiorenni che lavorano, potrà utilizzare questa procedura.

Non possono essere regolati però trasferimenti patrimoniali  (incluse decisioni su somme di denaro o beni mobili, come auto o scooter). Ma questo divieto – che non preclude gli assegni periodici – potrebbe essere superato regolando con un accordo ad hoc le questioni patrimoniali.

In pratica, marito e moglie devono presentarsi dal sindaco del Comune di residenza di uno dei due o del Comune presso cui è stato iscritto o trascritto l’atto di matrimonio. Se vogliono possono farsi assistere da un avvocato.

Il Sindaco riceve la coppia e chiede a ciascuno se intende davvero separarsi/divorziare secondo le condizioni pattuite in un accordo scritto che va firmato subito dopo il ricevimento delle dichiarazioni. A questo punto il sindaco, tentata una conciliazione, invita la coppia a ripresentarsi dopo almeno 30 giorni per dare ad essa la possibilità di meditare sulle conseguenze del proprio atto. Se la coppia non si presenta, significa che ha rinunciato a dividersi. Diversamente, al secondo incontro, l’accordo diventa immediatamente efficace.

La pausa dei 30 giorni non è necessaria per i procedimenti volti a modificare le condizioni di separazione/divorzio già fissate magari in precedenza.

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