Carlo Verdone a Lecco racconta la sua arte d’attore. L’attore, durante una kermesse dedicata al cinema, è stato invitato per introdurre la proiezione di “Umberto D.”, di Vittorio De Sica. Ha parlato dellasua visione del cinema del passato e della sua lunga carriera artistica. Erano in centinaia ad ascoltare il celebre attore e regista.
Attore, regista, sceneggiatore, comico; un’istituzione nel panorama cinematografico italiano: Carlo Verdone si racconta, in una piazza gremita durante il penultimo evento del Lecco Film Fest. E il suo intervento, da buon artista della risata, è cominciato con una battuta, che ha strappato subito riso e applausi. “Grazie per questa meravigliosa accoglienza, sono commosso. Rimango sempre stupito dal modo in cui mi chiedete l’autografo, c’è una certa signorilità: domandate il permesso, se potete rubarmi due secondi per un selfie. A Roma invece me danno una pacca che me rompono la schiena (in dialetto romano, ndr)”.
Il momento prosegue: fra racconti divertenti e retroscena sui set, Verdone ha ripercorso anni di carriera. Dagli albori con i film sperimentali, con una camera comprata a 70 mila lire facendo colletta fra i familiari: “Erano immagini che prendevano vita dal tramonto all’alba, era tutto astratto, erano visioni, un po’ psichedeliche.[…] Poi l’incontro con Rossellini, che credette in lui. Per Verdone è un ritorno al Lecco Film Fest – il festival organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e promosso da Confindustria Lecco e Sondrio. L’anno scorso il Covid aveva fermato il suo arrivo “in presenza” in città: Verdone, però, non era voluto mancare e in collegamento video, aveva presentato al pubblico una delle pellicole da lui più amate, Ordet di Carl Theodor Dreyer.
Verdone è arrivato a Lecco nel pomeriggio: il suo intervento ha preceduto la proiezione di “Umberto D.” di Vittorio De Sica. Nelle parole di Verdone c’è tutta l’appassionante visione del cinema del passato e il forte legame verso l’opera di De Sica. Poi l’incontro è informale: una chiacchierata, fra applausi e soprattutto risate. Ed è in una frase pronunciata durante quest’ultimo che può essere riassunta l’essenza di Verdone: “Andavo in cerca di racconti dal vinaio, dal calzolaio… vedevo un apparato umano molto interessante, le battute, i tic, i difetti, le fragilità, i ragionamenti. Non sono diventato un imitatore di voci, sono diventato un imitatore di anime e cercavo di portarle con la lente di ingrandimento al pubblico”.
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