“Andiamo da Fiorucci” era la frase più celebre appena si atterrava a Linate

di Alice Marchese


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All’aeroporto di Linate, quando in macchina c’erano modelle, creativi e appassionati di moda appena atterrati a Milano i tassisti si sentivano dire: “Andiamo da Fiorucci”. Erano tutti impazienti di visitare il negozio in piazza San Babila: dal 1967 alla prima metà degli anni Ottanta è stato il centro del loro mondo.

Elio Fiorucci, il suo vulcanico, geniale inventore in un’epoca di sartorie e confezioni, mescolava denim, vintage, abiti recuperati in giro per il mondo, libri e gadget, trasformava le vetrine in performance artistiche, ospitava feste e concerti. “Andare da Fiorucci”, che si trattasse del negozio di Milano, di quello di New York o Los Angeles, era come un pellegrinaggio. «Elio era caotico, ma sapeva sempre cosa avrebbe funzionato», com’è riportato da Repubblica, ricorda Franco Marabelli, dal 1967 al 1981 direttore artistico dei negozi Fiorucci. È curato da lui Caro Elio, il libro pubblicato da Rizzoli per Mondadori Electa in uscita a dicembre, che racconta la straordinaria vita del creativo scomparso nel 2015 a 80 anni.

«Io avevo fatto l’operaia e poi la segretaria. Le pubbliche relazioni manco sapevo cosa fossero, ma Elio mi aveva messo a seguire i vip», spiega Franca Soncini, a lungo sua pr. «Un giorno lo chiamo e gli dico che c’era un signore francese con un nome strano, tipo Alain. Era Alain Delon. Ordinaria amministrazione per noi». «Elio con le persone andava a pelle, e due volte su tre indovinava. Anzi, una su tre», conferma ridendo Marabelli. E sono proprio le persone a rendere il volume unico.

«Di Fiorucci si conoscono le immagini patinate, ma c’è ben altro. La sua compagna Cristina Rossi, responsabile dello stile, la sua segretaria, l’unica capace di gestire la sua agenda. La nostra centralinista, sul cui posteriore erano modellati i nostri jeans, gli stessi che si vedevano addosso a Donna Jordan sui cartelloni pubblicitari».

Persone come Salvo Moschella, responsabile import: Fiorucci lo aveva conosciuto alla dogana di Linate, Moschella era il funzionario che gli controllava il bagaglio di rientro dai suoi viaggi. Per Elio era ovvio che fosse la persona giusta. Dai loro ricordi emerge tutta la sua potenza creativa: Fiorucci è quello del bracciale-calendario per la pillola anticoncezionale prodotto l’anno stesso in cui era diventata legale. È quello dei party con Andy Warhol e Truman Capote che s’aggiravano tra gli scaffali dello store di New York, o dei concerti con la partecipazione di una promettente artista, Madonna (1982, allo Studio 54). È quello delle idee irrealizzabili, come l’agenzia di viaggi per tour senza una meta precisa, e di quelle davvero ingegnose: quando nel 1983 deve cambiare l’allestimento del negozio di Milano, invita Keith Haring a disegnare le pareti, trasformando un cambio “tecnico” in uno dei momenti più celebri dell’arte contemporanea. Nemmeno la cupezza degli anni di piombo lo scalfisce.

«Eravamo un’oasi apolitica, sicura e felice», assicura Marabelli. È gentilissimo, ma ottiene sempre ciò che vuole. «Quando mi rifiutai di curare il corner alle Gallerie Lafayette di Parigi, perché ci avevano dato una posizione orrenda », prosegue, «Elio la risolse chiedendo a Ettore Sottsass di progettare lo spazio. E lui accettò! Chi altri può dire di avere un corner shop di Sottsass? ». I due poi diventano amici, con conseguenze inaspettate, come la volta in cui Elio gli offre una pillola “da provare assolutamente”. Sottsass lo fa, e passa le successive 24 ore in pieno delirio da acido, come racconta nel libro la moglie Barbara Radice, con Fiorucci che se la ride. Una storia irripetibile, anche perché è la libertà di cui godeva a non esistere più. «Per Elio non è mai stata una questione di soldi, e infatti era sempre in perdita. Lui lo sapeva, e dopo qualche anno s’era messo in società con grandi gruppi, confidando nelle loro strategie: prima Montedison e poi Standa e Benetton. Ma non poteva funzionare». Approcci troppo diversi. «Mi ricordo lo sguardo feroce dell’amministratore delegato, uomo della Montedison, a una performance a base di preservativi pieni d’acqua, con una scolaresca delle medie tra il pubblico», ricorda Franca Soncini. «Avesse potuto, mi avrebbe licenziato in tronco». È chiara la portata di Elio Fiorucci sull’immaginario contemporaneo, eppure nessuno è riuscito a rilanciare davvero il brand.

«Manca lui», spiega Franca Soncini. «Era lui il motore di tutto. Come lo replichi?». La più recente incarnazione di Fiorucci oggi fa base a Londra. «Io adesso punterei sull’ecosostenibilità, su una moda che rispetti l’ambiente», riflette Marabelli. «Negli ultimi anni Elio era diventato vegano: s’era appassionato al tema ben prima che fosse di tendenza parlarne. È sempre stato un passo avanti agli altri».

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