Attualità

Come la gentilezza può cambiare il mondo: la rivoluzione di Natalia Re

Un desiderio coltivato sin da ragazzina, quello cioè di essere utile al prossimo e contribuire al miglioramento della società, una forte passione civile e il ferreo convincimento che ciascuno di noi, con le sue azioni quotidiane, può aiutare gli altri a superare le difficoltà.

Gli studi al liceo classico e poi la laurea in filosofia, e nel frattempo lo sguardo sempre rivolto a quanto sta intorno. L’impegno in politica ma non solo. Gli anni dedicati con grande fervore alla carriera e alla famiglia e poi l’inizio di un percorso di rinnovamento personale.

Così potrebbe essere descritta brevemente l’esperienza della manager e scrittrice siciliana – originaria di Agrigento – Natalia Re, che il 12 gennaio scorso, a Parma, è stata nominata presidente nazionale del Movimento Italiano per la Gentilezza (Mig), che adesso ha la sua sede ufficiale a Palermo. Il consiglio direttivo del movimento, collegato al World Kindness di Tokyo, nato alla fine degli anni ’80, l’ha votata all’unanimità.

Abbiamo chiesto a Natalia Re, che è anche mamma di Sophia, una bimba di 11 anni, e moglie, di raccontarci un po’ di lei e del Mig.

Difendere i diritti

“Posso dire – esordisce Natalia Re – che il percorso che sto vivendo oggi soddisfa una mia esigenza antica. Sin da quando frequentavo il liceo coltivavo il sogno di creare o fondare un movimento che potesse difendere i diritti nel senso più ampio. Sto vivendo la mia esperienza nel Mig costruendo pezzo dopo pezzo un sentiero che è per me gratificante percorrere, che chiede molto impegno ma nel contempo mi restituisce tanto. Ho sempre avuto una prospettiva appassionata e per certi versi visionaria, volevo occuparmi di disagio e capire come intervenire dal punto di vista socio-psicologico”.

L’avvicinamento al Mig e la nomina a presidente

Il percorso di rinnovamento di Natalia Re inizia circa 5 anni fa. “Ho scoperto dal web – racconta – l’esistenza della Giornata Mondiale della Gentilezza, che ricorre il 13 novembre.

Sono imprenditrice nel settore ambientale ed esperta di green management, ma credo che la gentilezza possa essere applicata in ogni contesto di vita.

Ho deciso di ideare una campagna di responsabilità sociale in ambito sanitario che avesse come obiettivo la gentilezza e che portasse alla realizzazione di un decalogo.

Ho contattato il Movimento Italiano per la Gentilezza e abbiamo iniziato a conoscerci.

Nel 2021 sono stata nominata Ambasciatrice della Gentilezza per la regione Sicilia. Ho intensificato il mio impegno in questa direzione, il seme della gentilezza che avevo messo a dimora insieme al movimento è cresciuto, sino ad arrivare alla mia nomina alla presidenza del Mig”.

Il Movimento Italiano per la Gentilezza, nato nel 2000 a Parma, è stato fondato dai coniugi Giorgio e Marta Aiassa. Presidente per tanti anni è stato proprio Giorgio Aiassa, affiancato da Anna Maria Ferrari Boccacci in qualità di vicepresidente. Oggi sono rispettivamente presidente e vicepresidente onorari. “La mia nomina – aggiunge Re – ha segnato un importante passaggio intergenerazionale nel movimento. Giorgio e Anna Maria mi definiscono uno ‘tsunami’, ma io, energie a parte, ho chiaro il mio obiettivo, cioè continuare a portare avanti il principio ispiratore del Mig: la disponibilità a comprendere i problemi del prossimo e a cercare di risolverli.

In questo cammino mi aiuta il vicepresidente del movimento, Marcello Vitaliti, il primario dell’Utin dell’ospedale Civico di Palermo, un uomo e professionista di grande sensibilità”.

L’autenticità e la vulnerabilità

Ma come si fa a praticare la gentilezza? “Per proporre – spiega Re – la gentilezza bisogna essere autentici. In un certo senso mettendosi a nudo e in discussione, questo lo sto sperimentando personalmente”. Poi, qualche altro accenno sul suo percorso: “Dai miei studi filosofici ho tratto insegnamenti fondamentali. La mia formazione, che potrebbe sembrare esclusivamente teoretica, ha avuto applicazione nell’etica ambientale. Io avevo le idee chiare, i temi del movimentismo, dell’attenzione verso il sociale erano però forse rimasti imbrigliati in cliché comportamentali.

Anche la politica non mi soddisfaceva più. Sentivo di dover fare altro nella mia vita.

La gentilezza è un allenamento quotidiano, e nel praticarla sto trovando ristoro per la mia anima.

La gentilezza fa bene e rallegra, e mi permette di riconciliarmi con delle parti di me stessa.

Anche io ho vissuto la vulnerabilità. Per anni, da ragazza, sono stata affetta da disturbi del comportamento alimentare, ma non mi sono chiusa in me stessa, anzi, sono diventata più sensibile alle tematiche legate al disagio, senza dimenticare il mio. Oggi ho il coraggio di guardare in faccia i problemi. Gentilezza non vuol dire, come si potrebbe pensare, buone maniere: è questo ma anche tanto altro, molto di più. E’ la capacità di comprendere l’altro, ascoltarlo, gratificarlo, e necessita di grande coraggio”.

L’alfabetizzazione emozionale e la gentilezza materia di studio

Tanti i progetti in itinere del Movimento Italiano per la Gentilezza.

E Re li espone con grande entusiasmo: “Ci preme molto l’alfabetizzazione alla gentilezza e alla cura dell’ambiente che stiamo promuovendo nelle carceri, nelle comunità di recupero e nelle scuole. Ci rivolgiamo a persone private della libertà o che sono affette da dipendenze, oltre agli studenti che saranno gli adulti di domani. Nelle carceri soprattutto promuoviamo l’alfabetizzazione emozionale, cioè ripartire dalle proprie emozioni per ricostruire un rapporto e un dialogo, che per alcune cause si è interrotto, con gli altri. Stiamo lavorando affinché possa nascere un format di alfabetizzazione gentile con un team composto da sociologi, psicologi, pedagogisti. Lo proporremo al ministero della Giustizia perché possa trovare applicazione nelle carceri”.

C’è poi l’impegno rivolto alle nuove generazioni. “Uno dei nostri grandi obiettivi – prosegue Re – è far diventare la gentilezza materia di studio nelle scuole, dove si studia già educazione civica, ma noi vogliamo portare a compimento un lavoro diverso, cioè insegnare a ciascuno a costruire un rapporto con la propria identità”.

Ma c’è di più, ovvero un focus legato a una ricerca in corso e del quale Natalia Re anticipa lo scopo: “Voglio dimostrare che comportanti gentili incidono positivamente sul Pil nazionale. La gentilezza può ridurre situazioni di conflitto, mi riferisco, solo per fare un esempio, ai conflitti in ambito sanitario e ad alcuni tipi di reato”.

“La Terra siamo noi, viviamo con gentilezza”

Natalia Re è un vulcano di idee e creatività. Ha già all’attivo tre libri ed è molto felice per l’uscita, a breve, del quarto, edito dalla Pluriversum Edizioni di Ferrara.

Il titolo è emblematico del suo impegno e della sua esperienza: “La Terra siamo noi, viviamo con gentilezza”.

“E’ il mio primo libro illustrato – dice con gioia – , rivolto ai bambini dai 4 ai 7 anni. Le illustrazioni sono di Elisabetta Tiberio. Il protagonista è Bash: ci racconta, insieme ad alcuni suoi amici, come attraverso le parole si possano creare rapporti autentici. Scrivere questo libro per me è stato bellissimo. Ho incontrato nel tempo molti bambini nelle scuole, e mi hanno arricchito tanto, con le loro domande e i loro perché. Sono osservatori attentissimi, si pongono innumerevoli questioni”.

Ma la manager e scrittrice ha in cantiere anche un’altra pubblicazione, sempre sull’utilizzo delle parole: “Si tratta di uno studio socio-culturale su cose alle quali spesso non pensiamo, proprio come le parole, che possono avere un peso micidiale. Possono aiutare e sollevare una persona ma anche distruggerla. Io credo che un corretto utilizzo delle parole potrebbe rendere la società più gentile”.

La gentilezza come destino

Ma cos’è in conclusione la gentilezza? Natalia Re la considera il destino della società. E spiega bene perché: “La gentilezza produce bellezza, la bellezza produce rinnovamento, il rinnovamento è auspicabile come destino dell’umanità. E’ una strada che tutti possiamo praticare, non un percorso ascetico o di ‘santità’. La gentilezza è la forza delle idee. Io ho iniziato il mio percorso con il desiderio autentico di riconciliarmi con me stessa e con una vita che mi ha riservato anche tormenti dell’anima. Non mi nascondo dal mio vissuto ma trovo la forza e la passione per superare le difficoltà. Questa società ci vorrebbe forse tutti cinici o apparentemente forti. Ma non è una visione portatrice di benefici. Ecco che la gentilezza diventa un valore rivoluzionario, va oltre l’ascolto, permette di conquistare delle mete che magari possono sembrare irraggiungibili.

La gentilezza non è un semplice catalizzatore di pensieri improntati al buonismo: permette anche di scardinare modelli comportamentali vetusti che non funzionano più.

Io sono ancora in cammino, mi alleno ogni giorno ad essere gentile. A volte riesco nel mio intento, altri giorni magari fallisco. Di una cosa sono assolutamente certa: essere gentili coincide con l’essere portatori di speranza e con il rispetto di ogni diversità”.