Liliana Resinovich, la Tac smentisce il tecnico, frattura preesistente

di Redazione
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La morte di Liliana Resinovich, la 63enne triestina trovata senza vita il 5 gennaio 2022 nel parco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste, rimane uno dei casi più complessi e dibattuti della cronaca italiana.

A tre anni e mezzo dalla sua scomparsa, avvenuta il 14 dicembre 2021, le indagini continuano a produrre colpi di scena, con nuove rivelazioni che alimentano il dibattito tra la pista dell’omicidio e quella del suicidio. Al centro dell’attenzione, negli ultimi giorni, è tornata la frattura alla vertebra T2, un dettaglio emerso durante la seconda autopsia che ha sollevato controversie e sospetti. Una revisione delle immagini Tac, coordinata dai professori Vittorio Fineschi e Stefano D’Errico, ha smentito categoricamente le dichiarazioni di un tecnico dell’obitorio, Giacomo Molinari, che aveva ipotizzato di aver causato la lesione durante l’autopsia. Il fratello di Liliana, Sergio Resinovich, ha risposto con una querela per falso, aprendo nuovi scenari investigativi.

La scoperta della frattura e il ruolo della seconda autopsia

La frattura alla vertebra toracica T2 è stata rilevata per la prima volta nel corso della seconda autopsia, condotta dall’antropologa forense Cristina Cattaneo e depositata a marzo 2025. Questo esame, richiesto dalla Procura di Trieste, ha segnato una svolta nelle indagini, escludendo l’ipotesi del suicidio e indicando che Liliana sarebbe morta per soffocamento esterno, probabilmente tramite una compressione al collo. La lesione vertebrale, pur non essendo direttamente collegata alla causa del decesso, è diventata un elemento molto importante: per i familiari, potrebbe indicare un’aggressione violenta, mentre la difesa del marito, Sebastiano Visintin, indagato per omicidio, ha suggerito che il danno possa essere accidentale, forse avvenuto durante il recupero del corpo. La frattura non era stata rilevata nella Tac dell’8 gennaio 2022, un dettaglio che ha alimentato ulteriori interrogativi sulla gestione delle analisi autoptiche.

Il tecnico dell’obitorio e la confessione choc

Il 6 maggio scorso, un preparatore anatomico, Giacomo Molinari, ha scosso le indagini presentandosi spontaneamente agli inquirenti. In una dichiarazione riportata dal quotidiano Il Piccolo, Molinari ha sostenuto: “Potrei aver procurato io quella frattura alla vertebra della signora Liliana Resinovich”, ipotizzando che una manovra da lui eseguita l’11 gennaio 2022, durante la preparazione del corpo per l’autopsia, possa aver causato la lesione alla faccetta superiore sinistra della vertebra T2. Questa confessione, arrivata a oltre tre anni dai fatti, ha sollevato sospetti immediati. Secondo Molinari, la lesione non era visibile nella Tac dell’8 gennaio, un elemento che sembrava avvalorare la sua ipotesi. La notizia ha generato un’ondata di reazioni, con la famiglia di Liliana che ha definito le dichiarazioni del tecnico “vergognose” e “inaccettabili”.

Liliana Resinovich
Liliana Resinovich

La revisione delle immagini Tac: una smentita definitiva

La svolta è arrivata pochi giorni dopo, oggi 12 maggio, quando l’avvocato Nicodemo Gentile, legale di Sergio Resinovich, ha reso noto i risultati di un’analisi specialistica coordinata dai professori Vittorio Fineschi e Stefano D’Errico. Lo studio, incentrato sulla revisione delle immagini della Tac dell’8 gennaio 2022, ha confermato che “la frattura alla vertebra T2 fosse già esistente al momento di quell’esame”. Questa conclusione smentisce categoricamente le affermazioni di Molinari, definite da Gentile un “bluff”. In una nota ufficiale, l’avvocato ha dichiarato: “Un lavoro specialistico di questi giorni, coordinato da Vittorio Fineschi e Stefano D’Errico, teso alla totale ‘revisione’ delle immagini della Tac effettuata sul cadavere di Liliana Resinovich in data 8 gennaio 2022, ha pienamente riconfermato che la frattura alla vertebra T2 fosse già esistente al momento di quell’esame”. La scoperta ha rafforzato la posizione della famiglia, che non ha mai creduto alla pista del suicidio e insiste sull’ipotesi di un omicidio.

La querela per falso e le accuse di manipolazione

In seguito alla smentita, Sergio Resinovich ha deciso di agire legalmente, querelando Molinari per falso. L’avvocato Gentile ha precisato che Sergio ha chiesto alle autorità di “approfondire il motivo di queste sue mendaci e tardive dichiarazioni, di capire se sta aiutando o coprendo qualcuno, di comprendere da chi sia eventualmente manovrato e, quindi, di indagare tutti i suoi contatti con le persone coinvolte nella ferale vicenda della sorella”. Le accuse non si fermano qui: Sergio ha denunciato il comportamento del tecnico, definito un “pirotecnico preparatore anatomico” e un “mitomane”, per il suo presunto uso improprio delle sale autoptiche. Secondo Gentile, Molinari avrebbe trasformato “un luogo ieratico qual è una sala autoptica, in una rumorosa sagra di paese”, come emergerebbe dai suoi profili social. Sergio ha inoltre richiesto al Ministro della Salute una “tempestiva e rigorosa ispezione” sul reparto in cui Molinari lavora, presso l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI), per verificare eventuali irregolarità.

Le reazioni della famiglia e il ruolo di Vittorio Fineschi

La famiglia di Liliana, in particolare Sergio e la cugina Silvia Radin, ha accolto con indignazione le dichiarazioni di Molinari. Silvia, in un’intervista esclusiva a Fanpage.it, ha ribadito la convinzione che Liliana sia stata vittima di un omicidio, sottolineando che “la Prof. Cattaneo parla di botte date a Liliana prima di morire” e che la frattura vertebrale non cambia il quadro delle lesioni rilevate sul corpo. Il professor Vittorio Fineschi, consulente medico legale della famiglia, ha definito “grottesca” l’ipotesi di Molinari, spiegando che “per produrre una frattura a un cadavere occorre una forza notevole”, paragonabile a una caduta da un’altezza significativa o a colpi intenzionali. Fineschi, intervenuto su Chi l’ha Visto?, ha aggiunto: “Dopo quattromila autopsie non ho mai visto una frattura da bara”, sottolineando l’improbabilità di un danno accidentale durante l’autopsia.

Le implicazioni investigative e il contesto del caso

La smentita della confessione di Molinari riporta l’attenzione sulla dinamica omicidiaria ipotizzata dalla perizia di Cristina Cattaneo, che ha descritto Liliana come vittima di un’aggressione brutale. Il corpo della donna presentava segni di violenza incompatibili con una caduta o un suicidio, tra cui lesioni al labbro, al capo, alla palpebra destra, al muscolo temporale sinistro e un’infiltrazione emorragica alla lingua. Questi elementi, insieme alla frattura vertebrale, rafforzano l’ipotesi di un omicidio, con Sebastiano Visintin come unico indagato. La difesa del marito, tuttavia, continua a sostenere che la frattura possa essere stata causata durante il recupero del corpo, una tesi ora indebolita dalla revisione delle immagini Tac. Intanto, la Procura di Trieste, guidata dal pubblico ministero Ilaria Iozzi, sta valutando se convocare Molinari per ulteriori chiarimenti, mentre le indagini proseguono per ricostruire gli ultimi momenti di vita di Liliana.

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