“La benedizione delle coppie gay non è eresia”, per il Vaticano basta che sia breve

di Redazione


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La decisione di Papa Francesco di aprire alla possibilità di benedire le unioni tra persone dello stesso sesso ha sollevato un vespaio di polemiche, soprattutto in alcuni Paesi africani dove i vescovi hanno annunciato che non applicheranno tale disposizione. Per cercare di calmare gli animi, il Vaticano è intervenuto con una nota della Congregazione per la Dottrina della Fede in cui si specifica che si tratta di “benedizioni semplici” della durata anche di soli 10-15 secondi, che non equiparano in alcun modo tali unioni al matrimonio né legittimano l’omosessualità.

Una benedizione che divide

La nota chiarisce che in contesti in cui l’omosessualità è ancora criminalizzata, come in alcune nazioni africane, la prudenza consiglia di evitare simili benedizioni per non esporre le persone a rischi. Tuttavia, ribadisce con fermezza che le posizioni dei vescovi contrari non possono essere interpretate come una vera e propria opposizione dottrinale, in quanto la dichiarazione di apertura di Papa Francesco è stata da lui stesso approvata e non può essere considerata eretica o blasfema.

Prudenza sì, divieto no

Pertanto, se un sacerdote deciderà di impartire tale benedizione, non potrà essere considerato un eretico. Si tratta di un cambiamento che richiederà tempo per essere assimilato, e ogni chiesa locale dovrà valutare modalità e tempistiche di applicazione adeguate al proprio contesto culturale. Ma l’apertura non può essere negata in linea di principio.

Reazioni opposte tra Africa ed Europa

Le reazioni alla dichiarazione vaticana hanno visto una contrapposizione tra la pressoché totale contrarietà dei vescovi africani (ad eccezione di Sudafrica e Kenya) e il sostegno di quelli nordeuropei, con posizioni più sfumate altrove. Una geografia ecclesiale che rischia di riproporre le fratture che travagliano da tempo la Comunione anglicana.

La scelta della gradualità di Papa Francesco

Papa Francesco, ben consapevole di tali divisioni emerse anche durante i Sinodi, ha scelto la gradualità, ammorbidendo i toni pur ribadendo la sostanza della novità. Sa bene che in alcune aree del mondo la sua apertura verrà accolta rapidamente, mentre in altre occorrerà più tempo. Ma il cammino è tracciato e non si tornerà indietro. Anche la Chiesa deve fare i conti con la diversità delle culture e delle sensibilità. Non sarà un percorso facile né indolore, ma questo Pontefice sembra deciso ad affrontare le inevitabili turbolenze pur di portare avanti quella “rivoluzione della tenerezza” che ha posto al centro del suo ministero.

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