L’affidamento esclusivo dei figli: quando e perché?

di francesca


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La legge sull’affidamento condiviso ha sancito a chiare lettere che la “bigenitorialità” è un valore assoluto nella vita di un minore, il quale, anche in caso di separazione o divorzio dei genitori, ha comunque il diritto di continuare ad essere istruito, mantenuto ed educato da entrambi, conservando un rapporto il più stretto possibile con loro e con le rispettive famiglie. Per questo, nella maggior parte dei casi di divorzio si opta per l’affidamento condiviso dei figli; tuttavia, in alcune situazioni il Giudice può decidere di non seguire questa via, pronunciandosi invece a favore di un affidamento esclusivo ad uno solo dei due genitori.

È stato infatti previsto un altro tipo di regolamentazione, riguardante l’affidamento a un solo genitore e la relativa opposizione all’affidamento condiviso: «Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma» (art. 155-bis del Codice Civile).

La norma ha tracciato solo la strada, lasciando il compito di lastricarla per bene ai Giudici, cioè a chi si occupa dal vivo delle situazioni, a chi le valuta e deve prendere decisioni che, per la loro natura così delicata, devono adattarsi a quella specifica situazione. Oggi, ovviamente, l’affido esclusivo costituisce un’ipotesi eccezionale, quindi non può avere come motivazione la semplice conflittualità tra i coniugi. Infatti, solo nel caso in cui il Giudice stabilirà che l’affido condiviso sia “contrario all’interesse del minore” verrà disposto l’affidamento ad un solo genitore.

Da alcune delle sentenze ad oggi pubblicate possiamo farci un’idea delle motivazioni che hanno indotto finora i Giudici a stabilire un affidamento esclusivo. In ognuno dei casi è stato valutato il comportamento complessivo del genitore cui non è stato affidato il figlio, considerato inidoneo per le motivazioni più varie.

Il caso più grave, evidentemente, è quello di colei o colui che si disinteressa totalmente della prole, che non intrattiene, per sua volontà, rapporti con i figli, e che non versa nemmeno gli alimenti necessari per la loro sopravvivenza. È necessario precisare che questo caso non comporta solo l’affidamento monogenitoriale, ma può integrare gli estremi di vari reati, punibili dunque anche in sede penale con la decadenza della potestà genitoriale pronunciata dal Tribunale per i Minorenni. Un altro esempio: è stato motivo di affidamento esclusivo ad una madre la costante opera di denigrazione da parte dell’ex marito agli occhi dei figli delle sue capacità umane e genitoriali, in una situazione in cui si era accertata l’inveridicità delle accuse mosse.

La lontananza tra le residenze dei genitori, perfino quando si tratta di due città o addirittura nazioni diverse, non è di per sé ostativa dell’affidamento condiviso; lo diventa solo nel caso che questo generi un’impossibilità pratica di condividere le scelte più importanti per il minore, o nel caso in cui uno dei due genitori, approfittando della situazione, tenda ad escludere l’altro dal pari esercizio della potestà genitoriale. Anche l’aperta e consolidata ostilità del minore verso un genitore è stato motivo di affidamento all’altro. Una condanna penale riportata da un genitore non necessariamente fa di lei / lui un cattivo affidatario: è necessario valutare l’impatto della condanna sull’equilibrio del minore.

Di recente la Cassazione ha sottolineato che, dalla sentenza che applica un affidamento esclusivo, dovranno risultare non solo i motivi che rendono inapplicabile l’affidamento condiviso ed i motivi di inidoneità del genitore escluso, ma anche l’idoneità educativa del genitore al quale i figli vengono affidati.

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