Test del DNA fetale, di cosa si tratta e quando farlo

di Cinzia Rampino


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Il test del DNA fetale, anche detto test del DNA libero circolante consiste nello screening di un campione di sangue della madre in cui sono naturalmente presenti dei frammenti di DNA fetale del figlioletto.

Arrivato sul mercato da ottobre 2011, questo test è un esame a pagamento e a discrezione della madre, che se ne accolla le spese. Alternativo ai test invasivi di screening previsti dalla Legge, ovvero Amniocentesi e Villocentesi, questo nuovo test del DNA fetale consente di “saltare” alcuni test prenatali invasivi, ma solo nel caso di esito negativo. In caso di esito positivo, infatti, il test va completato con test di Amniocentesi, ma non di Villocentesi, che può invece essere fatta solo nelle settimane precedenti.

Quando si può fare il test di DNA fetale

Analizzando il DNA fetale libero circolante, isolato da un campione di sangue materno dalla decima settimana in avanti, si valuta la presenza di aneuploidie fetali relative ai cromosomi 21, 18, 13 ed ai cromosomi sessuali (X e Y). Il test serve quindi a diagnosticare le trisomie, ovvero la sindrome di Down e altre patologie genetiche legate ai cromosomi suddetti.
Il test prevede anche l’opzione di un approfondimento diagnostico di secondo livello, che consente di individuare la presenza nel feto di alterazioni cromosomiche strutturali ed alcune comuni sindromi da microdelezione e microduplicazione.

Quando fare questo test di DNA fetale

Premesso che il test di DNA fetale è a pagamento (costa dai 600 euro in su), esso può essere richiesto liberamente dalla gestante. Come noto, invece, per le madri a rischio, sia per età sia per familiarità della patologia cromosomica, il test prenatale di Amniocentesi e/o di Villocentesi è obbligatorio e altamente consigliato perchè apre la strada all’aborto terapeutico, disposto secondo i casi di Legge previsti.
Quando la madre lo desideri, pertanto, il test di DNA fetale può sostituire i test invasivi e, sostenendone i costi, evitare così l’Amniocentesi allorquando il test di DNA libero circolante risulti negativo.

Come funziona e che cosa predice il test di DNA fetale

La gestante si sottopone a un semplice prelievo di sangue. L’esito si ha dopo due settimane. Il periodo ideale per l’esame di screening è intorno alle dodici settimane, ma molti di questi test si possono fare anche prima, a partire dalle dieci settimane. Meglio, tuttavia, non anticipare troppo, perché la quantità di DNA fetale presente nel sangue materno potrebbe non essere sufficiente per l’indagine.

Che cosa permette di scoprire il test del DNA fetale

Sono possibili diversi impieghi. I primi utilizzi, nel tempo, hanno riguardato la diagnosi molto precoce, già a 8-9 settimane, del fattore Rh fetale (implicato nel fenomeno di incompatibilità materno-fetale) o del sesso del nascituro, utile in caso di rischio di malattie legate al sesso.

Per esempio: alcune malattie, come la distrofia muscolare di Duchenne, si manifestano in genere solo nei maschi. Sapere precocemente il sesso di un feto permette di decidere per tempo se procedere con una tecnica invasiva per verificare se la malattia è presente oppure no: in questi casi ha senso effettuare l’indagine invasiva se il feto è maschio, ma non se è femmina.

Negli ultimi 3-4 anni, però, il test del DNA fetale si è diffuso sempre più come esame di screening per le anomalie cromosomiche, in particolare la trisomia 21 (responsabile della sindrome di Down) e le trisomie 13 (sindrome di Patau) e 18 (sindrome di Edwards). Attenzione, però: qui parliamo di screening e non di diagnosi: significa che il test non certifica la presenza o l’assenza della malattia, ma valuta il rischio che il feto ne sia affetto.

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