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Kasia Smutniak: “Conoscere il passato aiuta a non tornare indietro”
Kasia Smutniak, protagonista di Domina, serie in onda su SkyTv, si racconta.
Ci spiega quant’è importante rileggere la Storia di Roma in questo caso specifico. Così da comprendere al meglio certi aspetti della vita e certe battaglie secolari.
Com’erano le donne in quell’epoca
L’attrice si rivolge ad HuffPost. Attraverso un’intervista fa emergere aspetti importantissimi del personaggio interpretato.
“Le donne in quell’epoca venivano trattate come oggetti. Erano lì solo per procreare. Non avevano le libertà e i diritti che abbiamo oggi, neanche lontanamente. Per cui l’unico modo che Livia Drusilla aveva per sopravvivere, era rimanere accanto ad Augusto, suo marito. I suoi strumenti? La furbizia e la capacità di prevedere quello che sarebbe accaduto molto prima degli altri. L’unione fra lei e il marito ha fatto sì che l’epoca di Augusto fu quella che segnò di più la Storia di Roma Antica. Ma il contributo di Livia Drusilla fu fondamentale e questa serie restituisce alla sua figura l’importanza che merita”.
Non solo un racconto storico, dunque
“L’intento di tutta la serie, del racconto, è quello di mostrare l’epoca romana che poi con varie trasposizioni cinematografiche e nell’immaginario collettivo ha un profilo ben preciso e ci riporta alle figure maschili importanti, fondamentali per la nostra storia. Ebbene questa volta viene raccontata dal punto di vista femminile seguendo la vita e le vicende di Livia Drusilla. Un punto di vista inedito”.
L’hai definita la prima femminista della Storia. Quale fu il suo contributo?
“Ha cambiato l’epoca in cui viveva, rimanendo fedele ai suoi ideali, ha riportato la Repubblica in vita e per ottenere questo e garantirsi la sopravvivenza in un mondo molto crudele e maschilista ha dovuto puntare ad ottenere il massimo del potere”.
Ci è riuscita?
“Certo, ha vissuto per più di 80 anni e per 50 è stata sposata con Gaio. E’ riuscita a fare leggi che hanno cambiato il destino delle donne, poi purtroppo cancellate dal figlio e dalla Storia. Abbiamo dovuto aspettare tanti anni per rimettere sul tavolo alcuni diritti e conquistarli di nuovo”.
Paradossale, non trovi? Nel 2021 le donne ancora devono battagliare per i propri diritti
“C’è bisogno di storie così. La Storia antica è stata scritta da storiografi uomini, perché a quell’epoca erano solo uomini, per cui è piena di vicende, battaglie, fatti, legati ai personaggi maschili. Di fatto delle donne, delle loro storie, delle loro battaglie, sappiamo poco o niente. Anche su Livia stessa: per l’epoca era una divinità, un’imperatrice, anche se non si è mai autodichiarata tale. Era una figura fondamentale: quanto è rimasto oggi della storia di Livia? Io stessa non la conoscevo e mi sarebbe piaciuto studiarla a scuola. Ecco, forse il punto è questo: per andare avanti è necessario conoscere la nostra storia anche da un altro punto di vista, non solo quello maschile, perché è forse da lì che nascono i primi gap”.
Storia attualissima, dunque, nonostante stiamo parlando di un’epoca lontana
“Questo racconto è un punto di vista non solo sul personaggio, ma su un’epoca che è la base della nostra civiltà e che per quanto ci sembri lontana e crudele, e lo era, non è poi così distante. La crudeltà non è solo nel sangue che veniva sparso, nelle guerre fra gli uomini, nei leoni che combattevano al Colosseo. Per quanto questo ci sembri crudele, cosa c’è di più crudele di una donna che non può decidere liberamente se diventare madre o no?”.
Sei sempre stata in prima linea nella battaglia per i diritti delle donne. Solo per citarne una: la tua presa di posizione contro la cancellazione della legge sull’aborto in Polonia. Quanto ti senti femminista?
“In Polonia i diritti delle donne sono stati messi in discussione, sono stati fatti passi indietro enormi. Questo vuol dire che ci sono segnali che ci fanno capire che siamo capaci di tornare indietro. Conoscere la Storia serve per prevenire. Se sono femminista? Non riesco più a vivere diversamente. Mi sembra di avere una coscienza diversa, anche perché sono cresciuta, sono diventata più attenta e perché ho la possibilità di guardarmi indietro e fare un resoconto del percorso che ho fatto. Ma non è questo, non importa dichiararsi femminista: sento la responsabilità, il dovere di dedicarmi a quello che faccio scegliendo storie e dando vita a dei racconti che rispecchino i miei ideali. Cerco di impegnarmi nella lotta per i diritti delle donne attraverso gli strumenti che ho a disposizione”.
Ci sono argomenti più o meno importanti nella battaglia per i diritti delle donne o hanno tutti lo stesso valore?
“Tutto è importante. C’è tanto da fare, non mi sento di dire che siamo a buon punto. Non mi sento di dire ‘accontentiamoci di quello che abbiamo’, diamo per vinta una battaglia solo perché è passata una cosa. Dobbiamo andare avanti. C’è una voragine enorme nella società di oggi e credo che questa voragine esista perché c’è un buco nell’informazione che passa dalla nostra Storia. Come si fa a scegliere fra il diritto all’aborto e la violenza domestica? C’è un gap di fondo che è una totale disattenzione della società. Ecco perché non basta un’emancipazione femminile, ci vuole anche un’emancipazione maschile per colmare la voragine”.
Cosa ti senti di dire alle donne? Cosa insegni ai tuoi figli?
“Sono cresciuta in una famiglia militare, ma con l’idea che potevo fare qualunque cosa, non ho mai avvertito i limiti tra quello che una donna possa o non possa fare. Puoi avere il talento e riuscirci subito, ma se ci metti la tigna e la disciplina lo ottieni lo stesso. Sto cercando di trasmettere a mia figlia la libertà di scelta. Quello che faranno i figli lo decideranno loro. A mio figlio maschio insegno il rispetto, a non avere paura delle donne forti, a non sentire che qualcosa gli viene tolto se ha una compagna o un compagno forte che vuole la propria libertà”.
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