Sicilia: lotta per la parità di genere in politica

di Alice Marchese


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Oggi è la festa della donna, ma purtroppo persiste la crisi di genere. La presenza delle donne in politica è sempre ridotta rispetto agli uomini; dunque la lotta contro le disuguaglianze continua.

Donne sindache? Ventinove in tutta la Sicilia e nessuna che guidi i capoluoghi di provincia. Rettrici negli Atenei? Nemmeno una, mentre nelle Università di Palermo, Messina e Catania le direttrici di dipartimento sono solo 9 su 47. Bisogna andare a guardare nel mondo della scuola per trovare un primato di genere con oltre il 70 per cento delle presidi di sesso femminile.

Nonostante due giorni fa siano state nominate tre prefette a Catania, Messina e Caltanissetta, nell’Isola le donne nei ruoli chiave sono ancora una sparuta minoranza. E alla vigilia del primo 8 marzo post Covid, arriva il conto della pandemia. Nella regione dove solo 2 residenti di sesso femminile su 10 hanno un lavoro, il virus ha dato il colpo di grazia: se nel 2019 lavoravano 499mila siciliane ( Istat), al 30 settembre 2020 erano 21 mila in meno.

Sul fronte maschile il saldo invece è positivo con un numero medio di occupati che nel 2019 era di 865mila e al 30 settembre si assesta su 886mila. Se lo scranno è al maschile Dopo l’ultima polemica che ha investito la giunta Musumeci — col presidente che alla fine ha sostituito Pierobon con Daniela Baglieri — è nato addirittura un movimento, “Le Siciliane”, che pone con forza la questione della parità di genere in politica.

Un obiettivo ancora lontano: a guidare i 391 comuni siciliani ci sono solo 29 sindache.
All’Assemblea regionale le deputate sono 17 su 70 e se nella giunta regionale siede solo un’assessora, anche nell’esecutivo di Leoluca Orlando ce ne sono solo due. Nei consigli comunali, grazie alla doppia preferenza di genere, va un poi meglio ma non bene: 1763 elette su 5247 posti.

“È un mondo duro e al maschile — com’è riportato da Repubblica, dice Maria Terranova, 35 anni, neo- eletta con M5S sindaca di Termini Imerese e delegata Anci per le pari opportunità — ma questo non deve fermarci. In Sicilia servirebbe una scuola di formazione politica che aiuterebbe tanto le ragazze, mentre a livello nazionale è fondamentale che una quota del Recovery venga utilizzata per colmare le disuguaglianze di genere”.

“Le Siciliane” hanno già organizzato due assemblee, creato una newsletter e un form al quale hanno aderito già in 800. «Le donne rappresentano problemi che si vivono e che la politica maschile non rappresenta. Ma puntiamo anche alla consapevolezza informando le iscritte, attraverso dati e studi, della nostra condizione in Sicilia» dice Mila Spicola, una delle promotrici che ha fatto parte della segreteria nazionale del Pd abbandonando poi una partita troppo difficile.

Ma qual è la condizione delle donne dopo il coronavirus?. Secondo i primi dati Istat nei primi nove mesi del 2020 il Covid ha cancellato 21mila posti di lavoro femminili. «Per la prima volta — dice la sociologa economica Laura Azzolina — la pandemia ha colpito i settori nei quali lavorano le donne che hanno perso il lavoro più degli uomini: servizi alla persona, turismo, commercio.

In una situazione già fortemente diseguale la natura di questa crisi, completamente diversa da quella per così dire tradizionale del 2009 che colpì costruzioni e manifattura, ha penalizzato moltissimo l’universo femminile. Chi non ha perso l’impiego ha fatto i conti con lo smartworking forzato e con l’impossibilità di chiedere aiuto ai nonni».

L’ultimo tasso di occupazione registrato dall’Istat nel 2019, dava in Sicilia un 22,4 per cento di occupate contro una media italiana del 36,7. Un dato che nel 2021 rischia di precipitare. In classe sì, in aula magna no L’unico primato femminile siciliano è nel mondo della scuola: le dirigenti scolastiche sono il 72,8 per cento, 553 contro 207 presidi.

Ma spostandosi all’Università lo scenario cambia completamente: nessuna rettrice donna. A Palermo dove entro settembre si sceglierà il sostituto di Fabrizio Micari, i nomi dei candidati in corsa sono maschili così come quelli dei pro- rettori in pectore. Alla guida dei dipartimenti a Palermo, Catania e Messina le direttrici sono solo 9 su 47. A Messina c’è soltanto Candida Milone, che guida un dipartimento storicamente a trazione maschile come quello di Ingegneria.

“Io sono convinta che questo trend prima o poi cambierà perché ci sono sempre più donne brave che hanno capito di poter puntare più in alto — dice Milone che guida il dipartimento da due anni e mezzo — le ragazze anche nei settori scientifici ci sono e sono molto brave. In un mondo di uomini bisogna essere autorevoli e preparate ma senza nascondere mai le proprie differenze che sono un valore aggiunto”.

Le ragazze sono brave: secondo un’elaborazione dell’Università di Palermo è rosa la percentuale più alta di laureate o studentesse in regola con gli esami. Giustizia alle donne Nelle quattro città siciliane che ospitano le Corti d’appello — Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta — nei ruoli chiave di procuratore, procuratore generale, presidente del tribunale e presidente di corte d’appello, ci sono tre donne: Marina Moleti, presidentessa del tribunale di Messina, la presidente della corte d’appello di Caltanissetta Maria Grazia Vagliasindi e la procuratrice generale di Caltanissetta Lia Sava, che è stata la prima donna in Sicilia a ricoprire questo incarico.

La carica rosa cresce, per esempio a Siracusa dove donne sono sia la procuratrice Sabrina Gambino, sia la presidentessa del tribunale Dorotea Quartararo mentre a Marsala a guidare il tribunale è Alessandra Camassa. «Le donne sono entrate in magistratura tardi, a partire dal 1965 — dice l’aggiunto di Palermo Annamaria Picozzi che fa parte della commissione parlamentare femminicidi per la sua esperienza sulla violenza di genere — e adesso stanno iniziando a maturare l’anzianità per raggiungere i ruoli direttivi». Nei giorni scorsi sono arrivate tre prefette: Maria Carmela Librizzi a Catania, Cosima Di Stani a Messina e Chiara Armenia a Caltanissetta.

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