Alunni e genitori violenti con gli insegnanti, come intervenire?

Un problema decisamente moderno che riguarda scuole e famiglie di oggi è quello degli alunni e dei genitori violenti con gli insegnanti. Che fare? Come intervenire? Molte sono le voci che si stanno alzando in queste ultime settimane per esprimere la propria opinione, più o meno professionale ma mai poco partecipata, circa questa dilagante piaga del bullismo nei confronti degli insegnanti. Ed è proprio di questo che si tratta: di insegnanti bullizzati dagli alunni e dai loro genitori.

La prima spiegazione che si riesce a dare a tale forma di violenza nei confronti del personale docente è che il declino della scuola e del sistema educativo sta dando vita a manifestazioni di rabbia estrema da parte dell’utenza scolastica. In particolare, i genitori non riconoscerebbero più il potere educativo e formativo della scuola e, di conseguenza, anche i figli vivrebbero la scuola come una inutile perdita di tempo. I social media e le chat dei genitori, nonché degli alunni, non migliorano di certo la situazione visto che il “fattore branco” sta esacerbando rancori e insoddisfazioni a vari livelli di relazione.

Insomma, le ragioni del bullismo collettivo nei confronti dei maestri e professori sono tante. Ma basta questo a spiegare tale fenomeno e correggere il tiro? Evidentemente no. Però è da questa riflessione che si deve partire, prima ancora, o forse parallelamente all’ipotesi di intervento sanzionatorio da parte delle istituzioni nei confronti di questa brutale attività.

Il Ministro della Pubblica Istruzione ha ipotizzato varie soluzioni dicendo che “minacce e offese a docenti da parte di studenti sono inaccettabili ed è necessaria una linea rigorosa nelle sanzioni“, ricordando che “chi infrange le regole, chi ricorre alla violenza verbale o fisica nei confronti di professoresse e professori va sanzionato secondo le norme vigenti, che prevedono la sospensione dalle lezioni per periodi di tempo diversi a seconda della gravità delle azioni compiute e, nei casi più gravi, anche la non ammissione allo scrutinio finale. I docenti non devono subire simili episodi di violenza, e vanno sostenuti non solo dalle loro colleghe e dai loro colleghi e dalle e dai loro dirigenti, ma dall’insieme della società. La figura del docente deve essere adeguatamente riconosciuta, rispettata, valorizzata.

Ma le parole della Ministra Fedeli non sono bastate e non bastano a fermare la violenza di alunni e genitori visto che, nei primi quattro mesi del 2018, ben 26 insegnanti sono stati aggrediti dentro o nei dintorni di scuole italiane.

E’ chiaro che il lavoro da fare è lungo e dettagliato: bisogna, come ha detto il pedagogista Daniele Novara, ricominciare ad educare e non più pensare alla scuola come ad un “parcheggio di persone” da riempire; bisogna pensare ad una scuola nuova e soprattutto, cosa ancor più difficile, non bisogna stigmatizzare i bulli  come carnefici perchè, che ci piaccia o no, un bullo è una vittima a sua volta, una vittima che va rieducata.

La scuola, poi, ha bisogno di insegnanti pronti ad affrontare le nuove esigenze educative, i nuovi drammi dell’infanzia e dell’adolescenza, nonché delle loro famiglie. La scuola ha quindi bisogno di nuovi docenti preparati ad essere anche educatori professionali che, con una equipe di psicologi e professionisti esperti, riesca a prevenire il bullismo, dal momento che curarlo è davvero difficilissimo.

Tra le proposte concrete ci sono infatti sin da ora delle forme di riabilitazione per bulli che, attraverso un percorso mirato di volontariato, di terapie occupazionali e di risocializzazione portino il bullo, genitore o alunno che sia, a prendere contatto con la realtà, nonché coscienza delle proprie sconsiderate azioni. Perchè il bullismo, quello nei contronti degli insegnati tra tutti, è una forma di disagio sociale di altissimo livello, una sorta di sociopatia che ci rende incapaci di riconoscere l’altro come nostro simile, facendo illudere il bullo di poter sottomettere e far soccombere il bullizzato senza avere nessuna conseguenza.

Le conseguenze, invece, ci sono: per la famiglia, per l’insegnate e sopratutto per l’alunno che sarà un ragazzo segnato da tale atto ignobile, ovvero quello della violenza nei confronti di qualcuno che in questo caso è il proprio insegnante. C’è da dire, inoltre, che se la giustizia minorile segue un suo corso, la stessa cosa non vale per i genitori adulti che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero perdere anche la patria potestà.

Quindi alla domanda “come intervenire” la risposta è: affidandosi alla giustizia e non ai telefonini, alla legge e non alle opinioni, al personale esperto e non alle chat, al dialogo e non all’ira. E, dato che il fenomeno riguarda padri e figli, allora bisognerà educare i padri per salvare i figli.