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Sanremo, Bianca Balti: “Non vengo a fare la malata di cancro. Questa sera voglio essere una celebrazione alla vita”
Stampa articolo“Non vengo a fare la malata di cancro. Questa sera voglio essere una celebrazione alla vita”. Così Bianca Balti, che assieme a Nino Frassica e a Cristiano Malgioglio affiancherà Carlo Conti alla conduzione della seconda serata del 75° Festival di Sanremo, ha dichiarato oggi in conferenza stampa. La top model, da quando lo scorso settembre le è stato diagnosticato un tumore alle ovaie al terzo stadio, ha sempre raccontato la sua convivenza con il cancro come un percorso fatto di dolore, ma anche di coraggio e di rinascita. “Il giorno in cui il cancro ovarico è entrato nella mia vita, mi sono sentita come una condannata a morte, ma ora che ho concluso il mio percorso di chemioterapia posso dire, con mia grande sorpresa, che in quegli ultimi mesi mi sono sentita viva come sempre. È stata dura e non è ancora finita, ma non lo rifarei in nessun altro modo”, scriveva sul suo profilo Instagram in occasione della Gionata Mondiale contro il Cancro.
Il tumore dell’ovaio colpisce ogni anno circa 5.400 donne nel nostro Paese, risultando il decimo tumore femminile più frequente. In generale il tumore dell’ovaio all’inizio non dà sintomi o ne dà di aspecifici, comuni ad altre malattie, come disturbi addominali e intestinali. A oggi non esistono test per la diagnosi precoce. Per questo nella maggior parte dei casi il tumore dell’ovaio è identificato quando è già in uno stadio avanzato. Questo in parte spiega perché la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi si attesta a circa il 43% dei casi, inferiore a quella di altri tumori che colpiscono le donne. Se il tumore è però scoperto allo stadio iniziale, quando è ancora confinato all’ovaio, la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi raggiunge il 70-90%.
Fondazione AIRC solo nell’ultimo anno ha destinato quasi 4 milioni di euro per il sostegno di progetti di ricerca sul tumore dell’ovaio, arrivando a superare i 17.400.000 euro nell’ultimo quinquennio. Attualmente è allo studio un metodo per la diagnosi precoce, basato sull’analisi di specifici marcatori instabilità genomica che si possono trovare nei campioni raccolti per il pap-test. Inoltre si stanno valutando nuovi farmaci anche immunoterapici che possano agire in maniera mirata e in combinazione con terapie standard. “Purtroppo nessun esame di screening è ancora in grado di identificare il tumore dell’ovaio in fase precoce. Così ben l’80% dei tumori ovarici viene diagnosticato quando la malattia è già progredita e le probabilità di guarigione si riducono. La ricerca però sta facendo importanti progressi”, spiega la Professoressa Domenica Lorusso, Direttore dell’Unità Operativa di Ginecologia Oncologica di Humanitas San Pio X.
Le conquiste della ricerca si traducono in vite salvate e offrono nuove opportunità terapeutiche e migliori qualità di vita a tante pazienti, come Marta, 36 anni di Grosseto. Pochi anni fa a questa giovane è stato diagnosticato un tumore ovarico. “Era il 20 febbraio quando ho ricevuto la diagnosi. Mio padre dieci giorni prima aveva finalmente smesso di essere positivo al Covid dopo 90 giorni. Il 2 dicembre avevo perso mia madre all’improvviso. Ma io non ho mai perso la fiducia. Bisogna affidarsi ai medici e alla scienza, avere rispetto di chi combatte dalla stessa parte di noi pazienti, di chi ci sostiene e crede nella nostra guarigione. È il loro lavoro che permette oggi di anticipare il più possibile le diagnosi, così da darci una speranza perché la ricerca può curare anche le ferite più profonde. Io oggi sono qui grazie alla ricerca”.