Gleason 9, che cos’è il tumore alla prostata che ha colpito Joe Biden

di Romina Ferrante
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La notizia ha fatto il giro del mondo: a Joe Biden è stato diagnosticato un tumore alla prostata aggressivo, scoperto in fase avanzata.

Un campanello d’allarme non solo per la salute del Presidente USA, ma anche per milioni di uomini che spesso sottovalutano questa malattia. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.

Cos’è il punteggio di Gleason e perché il “9” è preoccupante

Il punteggio di Gleason è il sistema usato per classificare l’aggressività del tumore alla prostata. Si va da 6 (meno aggressivo) a 10 (molto aggressivo). Biden è stato diagnosticato con un Gleason 9, una delle forme più pericolose, che spesso si diffonde rapidamente e con maggiore difficoltà di controllo.

Secondo i medici, il suo tumore si è già esteso fino alle ossa. Tuttavia, è stato definito ormonoresponsivo, il che significa che potrebbe rispondere bene a terapie ormonali mirate.

Il tumore alla prostata è uno dei più diffusi negli uomini, ma nella maggior parte dei casi è lento e poco aggressivo. Ogni anno, in Italia, vengono diagnosticati circa 44.000 nuovi casi di tumore alla prostata, con 7.000 decessi. Numeri che parlano chiaro.

Nel caso del Presidente americano, i segnali sono arrivati tardi: disturbi urinari persistenti lo hanno portato a fare un’ecografia, che ha individuato un piccolo nodulo. Solo dopo esami più approfonditi è arrivata la diagnosi di carcinoma avanzato.

Questo conferma quanto sia importante non trascurare i sintomi, anche i più comuni, e fare screening regolari.

Screening: quando iniziare e perché è fondamentale

Il test principale per valutare il rischio di tumore alla prostata è il PSA, un esame del sangue spesso sottovalutato per la sua precisione, ma oggi rivalutato grazie alla combinazione con risonanza magnetica e biopsia mirata.

Le linee guida raccomandano lo screening tra i 50 e i 70 anni, ma in caso di familiarità o altri fattori di rischio, è utile iniziare prima. Una politica di prevenzione più efficace potrebbe salvare migliaia di vite ogni anno.

Le cure: si può guarire?

Nei casi come quello di Biden, si parla più di controllo che di guarigione completa. Le terapie ormonali sono lo standard, ma spesso si abbinano a radioterapia, chemioterapia e, nei casi selezionati, chirurgia.

Secondo gli esperti, la chiave sta in un approccio multidisciplinare, in centri specializzati capaci di personalizzare il trattamento, seguendo il paziente nel tempo e adattando le terapie in base alla risposta clinica.

Biden, la lotta contro il cancro come impegno personale

Non è la prima volta che il Presidente americano si confronta con il cancro. Nel 2023 ha affrontato la rimozione di un carcinoma della pelle e nel 2021 un polipo precanceroso. Ma la ferita più grande risale al 2015, quando perse il figlio Beau a soli 46 anni per un glioblastoma cerebrale.

Da allora Biden ha fatto della lotta contro il cancro una missione: nel 2022 ha lanciato una campagna per dimezzare la mortalità oncologica in 25 anni. Il suo caso personale, oggi, accende di nuovo i riflettori su un tema che riguarda milioni di famiglie.

Il caso Biden ci ricorda che la prevenzione è l’unica vera arma contro il tumore alla prostata. Parlarne, informarsi e sottoporsi agli screening è un dovere verso se stessi e i propri cari. Perché, come ci insegnano i felini, non sempre il pericolo si mostra con un ruggito.

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