Solidarietà con le musulmane, a Trieste donne a mare in burkini

di Manuela Zanni


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Dopo le pesanti critiche ad alcune donne islamiche entrate in acqua vestite, in uno storico lido del capoluogo del Friuli Venezia Giulia, alcune donne triestine sono state protagoniste di una manifestazione per dire no alla discriminazione.

Trieste, solidarietà con le musulmane

Circa cento donne hanno fatto il bagno in burkini in un lido triestino per dimostrare la loro solidarietà alle musulmane. Teatro della manifestazione a sostegno delle donne di religione islamica è stato lo storico lido balneare Pedocin, dove gli spazi per uomini e per donne sono divisi, retaggio dei primi bagni di mare del XX secolo. Proprio in quella spiaggia domenica scorsa le donne che erano entrate in acqua in burkini, o comunque vestite, erano state pesantemente criticate. Ecco quindi l’iniziativa, avvenuta alla presenza di una folla di giornalisti e cameramen, per dire no alla discriminazione.

Donne in Burkini a Trieste
Donne in Burkini a Trieste


Donne in mare in burkini

Grande folla di uomini nello spazio donne Proprio la storica differenziazione del lido è stata violata con la folla di reporter maschi e forze dell’ordine, entrati nel comparto donne al seguito delle manifestanti, tra cui anche donne musulmane. Le accuse alle donne musulmane in burkini. Domenica scorsa alcune donne triestine si erano appellate a una difesa della libertà della donna, ma avevano anche accusato le musulmane di scarsa igiene nel fare il bagno con i “vestiti puzzolenti” con cui erano in casa e poi in autobus.

La difesa delle donne musulmane

La risposta è stata affidata a un cartello su cui si leggeva: “Inquina di più un vestito o una nave da crociera?”, in riferimento alle quotidiane toccate delle enormi navi da crociera che ormeggiano proprio lungo le Rive, in centro città. Su altri cartelli era stato scritto “La biodiversità è bella” e “Al Pedocin vogliamo stare in pace”, che significa stare tutti insieme.

Donne in Burkini a Trieste
Donne in Burkini a Trieste

Il “cerchio di riconciliazione”

Le donne entrate in mare vestite hanno poi formato un grande “cerchio di riconciliazione“. Ma si sono anche riproposte le contrapposizioni tra i bagnanti e non sono mancate le voci critiche, quando non volgari, anche dal settore maschile: “Tornatevene a casa vostra”, e via così, con qualche tono razzista e sessista.

“Liberi di vestirsi”

Associazione islamica Trieste: “Liberi di vestirsi” e Sul delicato argomento è intervenuta Nurah Omar, vicepresidente dell’Associazione culturale islamica di Trieste, che intravede una discriminazione e dice: “Se una donna italiana non musulmana avesse deciso di andare al mare vestita o di coprirsi per ragioni di salute o perché non si sente a suo agio con il suo corpo, non ci sarebbe stata nessuna discussione”. E invoca quindi la libertà di ciascuno di vestirsi come preferisce, purché si tratti di “una scelta personale libera”.

“La sorellanza aiuta l’integrazione”

La manifestazione è stata organizzata dal basso, con il tam tam dei social, priva di patrocini, marche, insegne associative o partitiche. Sono poi intervenuti il senatore e coordinatore della Lega Friuli Venezia Giulia Marco Dreosto, che ha parlato di manifestazione flop accusando la sinistra, e le donne Verdi, per le quali “solidarietà e sorellanza possono aiutare le donne musulmane nell’integrazione, non altri divieti”.

La libertà passa (anche) dall’abbigliamento

Convenzione europea: libertà di manifestare il proprio credo Gianfranco Schiavone, presidente di Ics, che si occupa di migranti, ha ricordato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo: “Sancisce una inderogabile libertà della persona a manifestare il proprio credo in pubblico, anche attraverso l’abbigliamento”.

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