Saman Abbas: ergastolo per la famiglia, arrestati i cugini

di Redazione
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Il caso di Saman Abbas, la diciottenne di origine pakistana uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021 a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, ha segnato un capitolo tragico nella cronaca italiana.

La giovane, che si era ribellata a un matrimonio combinato e desiderava vivere secondo le sue scelte, è stata vittima di un delitto che la Corte d’Assise d’Appello di Bologna ha definito “inumano e barbaro”. Il 18 aprile di quest’anno, la Corte ha emesso una sentenza storica, confermando l’ergastolo per i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, condannando all’ergastolo i cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz, precedentemente assolti, e aumentando la pena per lo zio Danish Hasnain da 14 a 22 anni. Due giorni fa, il 6 maggio, i cugini sono stati arrestati e trasferiti nel carcere di Reggio Emilia.

La vicenda di Saman: una vita spezzata

Nata nel 2002 a Lahore, in Pakistan, Saman si era trasferita in Italia con la famiglia nel 2016, stabilendosi a Novellara, una piccola cittadina emiliana. Qui, vivevano in una cascina di campagna, dove il padre Shabbar lavorava come bracciante agricolo. Saman, però, sognava una vita diversa: voleva studiare, essere indipendente e vivere liberamente, lontano dalle imposizioni culturali della sua famiglia. La sua ribellione al matrimonio forzato con un cugino in Pakistan è stata il movente del delitto, come riconosciuto dalla Procura di Reggio Emilia. La giovane aveva cercato di sfuggire al controllo familiare, trovando rifugio in una struttura protetta, ma il 11 aprile 2021 era tornata a casa per recuperare i suoi documenti, un gesto che si è rivelato fatale.

Il delitto e le indagini

La notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021, Saman è stata strangolata, secondo la ricostruzione degli inquirenti, dallo zio Danish Hasnain, con la complicità dei cugini Nomanhulaq e Ikram. Il suo corpo è stato occultato in un casolare abbandonato a 800 metri dalla casa di famiglia, dove è stato ritrovato solo il 29 novembre 2022, grazie alle indicazioni dello stesso zio. Le indagini, condotte dai Carabinieri di Reggio Emilia, si sono basate su elementi cruciali: le testimonianze del fratello minore di Saman, Ali Haider, i filmati delle telecamere di sorveglianza e le dichiarazioni del fidanzato della ragazza, Saqib Ayub, che la famiglia osteggiava. Un video del 29 aprile mostrava tre figure incappucciate, identificate come lo zio e i cugini, mentre si dirigevano con pale e attrezzi verso il luogo dove sarebbe stato nascosto il corpo.

Il processo di primo grado: assoluzioni controverse

Il processo di primo grado, svoltosi presso la Corte d’Assise di Reggio Emilia, si è concluso il 19 dicembre 2023. La Corte ha condannato all’ergastolo i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, ritenuti i mandanti del delitto, e a 14 anni lo zio Danish Hasnain, riconosciuto come l’esecutore materiale. Tuttavia, i cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz sono stati assolti, una decisione che ha suscitato perplessità e critiche. La Procura, guidata dai procuratori Laura Galli e Gaetano Paci, ha impugnato la sentenza, sostenendo che l’intera famiglia avesse agito in concorso, con premeditazione e per motivi futili, legati al rifiuto di Saman di sottostare alle imposizioni familiari.

Il processo d’appello

Il processo di secondo grado, iniziato il 27 febbraio 2025 presso la Corte d’Assise d’Appello di Bologna, presieduta dal giudice Domenico Stigliano, ha ribaltato parzialmente la sentenza di primo grado. Dopo un’istruttoria che ha incluso la testimonianza del fratello di Saman e l’analisi di nuovi video di sorveglianza, la Corte ha riconosciuto la responsabilità di tutti i familiari. Il 18 aprile 2025, la sentenza ha confermato l’ergastolo per i genitori, aumentato la pena per lo zio Danish a 22 anni e condannato all’ergastolo i cugini Nomanhulaq e Ikram, riconoscendo le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti. La procuratrice generale Silvia Marzocchi ha sottolineato la necessità di “restituire a Saman il ruolo di vittima di un’azione inumana e barbara, compiuta in esecuzione di una condanna a morte da parte della sua famiglia”.

L’arresto dei cugini: giustizia in azione

A seguito della condanna in appello, i cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz, che si trovavano in stato di libertà, sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare emessa il 6 maggio dalla Corte d’Appello di Bologna, su richiesta della Procura Generale. La mattina dell’8 maggio, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Reggio Emilia hanno eseguito l’arresto, trasferendo i due uomini nella casa circondariale di Reggio Emilia, dove sono a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. L’arresto è stato motivato dalla gravità dei reati e dall’entità della pena comminata, che non lasciava margini per la loro permanenza in libertà.

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