Disabile ridotto pelle e ossa, violenze e torture per anni dalla madre e dal compagno

di Redazione


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Una storia agghiacciante di violenza e abusi quella che arriva da Torino, dove una mamma e il suo compagno sono finiti a processo con l’accusa di aver ridotto in fin di vita il figlio 20enne disabile. Il ragazzo, affetto da una malattia genetica che gli provoca deficit cognitivi, è stato ricoverato lo scorso agosto in condizioni gravissime: pesava appena 30 chili nonostante l’età e presentava evidenti segni di percosse e maltrattamenti.

Ricoverato in fin di vita: segni evidenti di percosse e maltrattamenti

I medici che lo hanno visitato hanno parlato di lividi su polsi e caviglie, probabilmente causati dalle corde con cui veniva legato. Ma anche di un orecchio gonfio e tumefatto da cui fuoriuscivano addirittura i vermi. Le violenze subite erano così gravi che inizialmente si temeva non ce l’avrebbe fatta.

La madre nega le accuse, ma le testimonianze inchiodano

A portarlo in ospedale, già privo di conoscenza, era stata la stessa madre, una donna di Torino. Ma poche ore prima una vicina di casa, insospettita dalle condizioni sempre più preoccupanti del giovane, era andata dai carabinieri a segnalare i lividi e il fatto che il 20enne rovistasse nei bidoni dell’immondizia in cerca di cibo. Davanti al giudice la donna, che ora è imputata insieme al compagno, ha negato ogni accusa. Ma le testimonianze di chi ha visto il ragazzo in quei giorni sono agghiaccianti. “Era ridotto pelle e ossa, i lividi erano ovunque. Aveva le caviglie e i polsi segnati dalle corde con cui veniva legato” ha raccontato la vicina di casa. L’orecchio poi faceva impressione: “Era tra il viola e il blu, enorme, si vedeva da lontano”. Anche una giovane assistente sociale che seguiva il ragazzo ha ammesso di non essersi mai accorta di nulla. Lui stesso, sentito in un’audizione protetta, ha confermato: “Sì, mi picchiavano”.

Un inferno durato per anni, tra torture e privazioni

Per il pm si tratta di “una serie di condotte violente”, tra cui percosse, privazioni di cibo e igiene. Un vero incubo durato per anni, con il giovane costretto a subire ogni tipo di tortura. Dopo mesi di cure e il ricovero in una comunità protetta, il 20enne è riuscito a salvarsi da quello che l’avvocato ha definito “il più disumano caso di maltrattamento che abbia mai visto”.

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