Quanti sono i bambini non riconosciuti dalle mamme in Italia?

di Redazione


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Quanti sono ogni anno i neonati non riconosciuti dalla mamma in Italia?

A fare chiarezza è la Società italiana di neonatologia (SIN) che spiega: il dato più recente disponibile è quello emerso dall’indagine condotta tra luglio 2013 e giugno 2014, su un campione nazionale di 100 Centri nascita ed effettuata in collaborazione con ‘Ninna ho’, progetto a tutela dell’infanzia abbandonata promosso da Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus e dal Network Kpmg in Italia.

Nell’anno preso in considerazione, nel nostro Paese “sono stati 56 i neonati non riconosciuti dalle mamme su un totale di 80.060 bambini nati”. Nel 62,5% dei casi si tratta di neonati non riconosciuti da madri straniere e nel 37,5% da mamme italiane, con un’età compresa tra i 18 e i 30 anni nel 48,2% dei casi. Pertanto, evidenziano i neonatologi della Sin, “il fenomeno dei bambini non riconosciuti alla nascita incide a livello nazionale per circa lo 0,07% sul totale dei bambini nati vivi (dato diffuso dalla Sin nel 2015 e l’unico più recente al momento disponibile)”, si legge in una nota in cui si precisa anche che “il dato di ‘3.000 neonati abbandonati ogni anno’, utilizzato in più riprese, è ormai superato, in quanto risalente al 2005”.

I neonatologi intervengono dopo che due neonati sono stati affidati alle cure degli ospedali, negli ultimi tre giorni: il piccolo Enea lasciato nella Culla per la vita della Clinica Mangiagalli di Milano e una bimba nata in un capannone dismesso in zona Quarto Oggiaro, e portata dalla madre all’ospedale Buzzi.

Dietro ai numeri raccolti dalla Sin ci sono donne di tutte le età e condizioni sociali, che vivono con difficoltà la maternità e che per motivi diversi e complessi, come disagi economici e sociali e solitudine, ritengono di non avere altre alternative, ma che fanno una scelta coraggiosa, con la volontà di dare un futuro migliore al loro bambino.

“Lasciare un bambino alle cure degli ospedali è sicuramente una decisione estrema e dolorosa – ha affermato Luigi Orfeo, presidente della Società italiana di neonatologia – Dobbiamo però considerare che la possibilità di affidare i neonati a queste strutture, dà loro la possibilità di essere assistiti al meglio ed immediatamente. Ciò garantisce a questi bambini una migliore prospettiva di vita, rispetto a quelli che ancora, purtroppo, vengono lasciati in altri luoghi, in situazioni non protette e rischiose”.

Oltre alle culle per la vita, “ci tengo a ricordare anche l’altra grande opportunità che prevede il nostro sistema legislativo, il parto in anonimato”, continua Orfeo.

“Dopo aver partorito, infatti, la mamma ha la possibilità di lasciare il piccolo nella struttura ospedaliera che li ospita, senza riconoscerlo e restando anonima, a personale competente che si occuperà di lui fino all’affidamento ad un’altra famiglia. In questo modo, il parto, pur nel rispetto della riservatezza e della privacy della donna, avviene in condizioni di sicurezza e in ambiente protetto, senza rischi per la mamma ed il neonato”.

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