Le psicologhe di San Vittore “aiutavano” Alessia Pifferi? Scoppia il caso: indagate

di Gaetano Ferraro


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Sono indagate per favoreggiamento e falso ideologico e sono state perquisite stamani dalla polizia penitenziaria le due psicologhe del carcere di San Vittore che hanno redatto una relazione, effettuando un test sul quoziente intellettivo, su Alessia Pifferi, a processo a Milano per omicidio pluriaggravato per aver lasciato morire di stenti, nel luglio 2022, la figlia Diana di 18 mesi, abbandonandola in casa per 6 giorni.

Il pm contesta il lavoro delle professioniste: avrebbero “manipolato” l’imputata

Il pm Francesco De Tommasi ha contestato duramente la relazione delle psicologhe, basata su colloqui con Pifferi: le professioniste avrebbero fornito alla donna “una tesi alternativa difensiva”, un possibile vizio di mente, e l’avrebbero “manipolata” in suo favore. In particolare, alla psicologa 58enne la Procura contesta più episodi di presunto favoreggiamento e falso ideologico per il lavoro svolto con Pifferi. “È nostro dovere esternare una forte perplessità rispetto ad una apparente prassi che, nella nostra piuttosto ampia esperienza, non abbiamo mai visto applicare a nessun altro detenuto”, hanno scritto nella loro relazione gli psichiatri Lagazzi e Natoli, consulenti dell’accusa.

I consulenti dell’accusa: “Relazione utile solo alla difesa”

Quel test psicometrico avrebbe accertato in Pifferi un ritardo mentale paragonabile a quello di una bambina di 7 anni. “Il contributo delle psicologhe è già stato ampiamente discusso e non si può non essere perplessi per l’attuazione di un test utile per la difesa penale” scrivono i consulenti, parlando di “intensiva rilettura del caso fatta con l’imputata”. L’impressione è che “renda inutile qualsiasi esame peritale, perché valuterebbe non i vissuti della persona, ma ciò che la stessa ha riferito di aver appreso e discusso nel lavoro con le psicologhe”. Da qui l’ipotesi di una manipolazione sull’imputata.

Inquietanti i comportamenti della psicologa 58enne con la Pifferi

Intanto a fine febbraio sarà depositata la perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’Assise per valutare la capacità di intendere e volere della Pifferi. Perizia chiesta dalla difesa, che ha valorizzato gli esiti della relazione delle psicologhe parlando di “gravissimo ritardo mentale”. Ma dagli atti emergerebbero altri particolari inquietanti sul comportamento della psicologa 58enne. Il 1° gennaio con Pifferi ci sarebbe stato un “colloquio” simile ad una “chiacchierata tra amiche”, conclusasi con risate e baci, su temi non attinenti a problematiche mentali. Inoltre la psicologa avrebbe fatto domande specifiche alla detenuta sulla perizia psichiatrica in corso, “interrogandola” per acquisire informazioni.

“Colloqui” simili a chiacchierate tra amiche

Non solo. Avrebbe anche suggerito alla donna la “tesi da sostenere” per difendere lei e l’altra psicologa dalle contestazioni del pm. Tutti comportamenti che sembrano confermare l’ipotesi di favoreggiamento. In base alle indagini, il movente della psicologa 58enne sarebbe di tipo “antisociale”: da intercettazioni emergerebbe la volontà di “scardinare il sistema” salvando presunte vittime della giustizia. Un obiettivo perseguito anche nella gestione di altre detenute oltre alla Pifferi. Infine, dagli atti risulterebbe una telefonata tra la psicologa e l’avvocatessa Pontenani in cui le due si sarebbero complimentate per l’esito del discusso test che ha certificato il basso quoziente intellettivo della Pifferi.

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