Mamma rifiuta chemioterapia per far nascere il figlio e muore

di Manuela Zanni


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Anna è morta. La mamma 44enne di Avezzano che, nonostante fosse gravemente malata, aveva rifiutato la chemioterapia se n’è andata lasciando tre figli.  La giovane parrucchiera aveva scelto di non curarsi per evitare di mettere a repentaglio la nascita  del suo ultimo bambino.

Anna Evgrafova è morta per aver rifiutato le cure

Anna, mamma di tre figli, è morta a 44 anni: aveva rinunciato, per proteggere il suo ultimo bambino, alla chemioterapia per curarsi dal male che alla fine l’ha portata via e proteggere così la sua ultima gravidanza. La giovane donna e mamma  se ne è andata lo scorso lunedì, 13 marzo, all’ospedale di Avezzano.

Chi era Anna Evgrafova

Di origini russe, si era perfettamente integrata nella Marsica, dove lavorava come parrucchiera e, soprattutto, si prendeva cura della sua famiglia: il marito Riccardo e i suoi figli, il più grande di 17 anni, il medio di 3 ed il più piccolino, l’ultimo arrivato quando Anna ha anche scoperto la malattia.

Anna Evgrafova

La scoperta della malattia

Quando, circa un anno fa, i medici le avevano consigliato di non sospendere le cure lei non ha avuto dubbi: la sua unica preoccupazione era proteggere suo figlio e dunque, a tutti i costi (anche quello della vita), ha deciso di non insistere con la  chemioterapia, atto d’amore estremo per il suo terzo figlio che è poi venuto alla luce sano e salvo. Lo scorso 14 marzo si  sono svolti i suoi funerali.

 

Il ricordo delle amiche sui social

Saputa la notizia, sui social la ricordano le sue amiche e clienti: “Non potrò dimenticare mai la tua discrezione e la tua dolcezza, tante volte guardandoti ballare o incontrandoti per strada ho pensato fra me e me “che donna bellissima!”, un giorno mi facesti i capelli e approfittammo di due chiacchiere davanti ad un caffè, quanto sgomento in questo momento. Riposa in pace Anna”.

Chemioterapia e gravidanza

Secondo alcuni studi recenti le donne che si devono sottoporre a chemioterapia nel corso della gravidanza non dovrebbero preoccuparsi che la terapia possa far male alla salute del bambino; secondo una ricerca effettuata in Belgio, Paesi Bassi e Repubblica Ceca e recentemente pubblicata sotto la responsabilità del professor Federic Amant dell’università di Lovanio (Belgio), lo sviluppo cardiovascolare e dei processi mentali del bambino non sarebbero influenzati dall’assunzione di farmaci chemioterapici. Oltre alla salute, sono stati presi in considerazione parametri come il quoziente intellettivo, la capacità mnemonica verbale e non verbale, la capacità di concentrazione ed eventuali disturbi emotivi o comportamentali. I ricercatori sono arrivati alla conclusione che le donne incinte malate di tumore non debbano ritardare le cure o interrompere la gravidanza, dato che hanno riscontrato con certezza che i benefici della chemioterapia per la madre superino di gran lunga i potenziali danni per il nascituro.
Si tratta comunque di un argomento molto controverso, sugli sviluppi del quale si discute da molto tempo.

Quali sono i rischi per il bambino?

Non esiste una risposta che vada bene per tutti. Negli ultimi anni, con l’abbassarsi dell’età di incidenza di molte patologie tumorali e, soprattutto, l’innalzamento dell’età media in cui si affronta la gravidanza, il fatto che una donna debba affrontare un problema simile non è più, purtroppo, un evento rarissimo. Si può operare una prima distinzione: approssimativamente dal secondo trimestre di gravidanza in poi , a meno che non esistano ulteriori fattori di rischio, gli schemi chemioterapici standard non dovrebbero comportare problemi per lo sviluppo del feto. La letteratura recente sembra suggerire che l’interruzione della gravidanza non sia necessaria, almeno nella maggior parte dei casi, e soprattutto che non è necessario sottoporre né la madre ai rischi legati da un ritardo nell’inizio dei trattamenti antineoplastici né il nascituro al rischio di un parto anticipato. Diverso è il discorso per i farmaci biologici e le terapie ormonali per le quali esistono evidenze di possibili danni al feto.

studiare in gravidanza

studiare in gravidanza

Nel corso del primo trimestre di gestazione è invece necessario, contemperando i rischi, rimandare l’inizio delle terapie (che avrebbero certamente un’influenza più consistente sullo sviluppo del nascituro) o procedere all’interruzione della gravidanza. È comunque da considerare il fatto che ci sono ancora poche evidenze sugli effetti a lungo termine sulla salute del bambino e specialmente sulla possibilità che la chemioterapia somministrata alla gestante possa influire sulle probabilità del nascituro di sviluppare neoplasie in età adulta.

 

 

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