Delitto di Garlasco, “il killer non si lavò le mani”

di Redazione
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Il delitto di Garlasco, l’omicidio di Chiara Poggi avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli, continua a tenere l’Italia con il fiato sospeso.

A quasi 18 anni dal crimine, nuove indagini coordinate dalla Procura di Pavia e dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano stanno rimettendo in discussione la condanna definitiva di Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara, che sta scontando una pena di 16 anni in regime di semilibertà. Al centro della nuova inchiesta c’è Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, Marco Poggi, indagato per omicidio in concorso. Le indagini si concentrano su analisi genetiche, impronte digitali e un incidente probatorio che potrebbe riscrivere la storia del caso.

L’incidente probatorio: una maxi perizia genetica

Il 16 maggio scorso il tribunale di Pavia ha ospitato un’udienza molto importante per l’incidente probatorio, presieduta dalla gip Daniela Garlaschelli. L’obiettivo è verificare l’utilizzabilità delle tracce genetiche rinvenute sotto le unghie di Chiara Poggi e su altri reperti mai analizzati. I periti incaricati, Denise Albani (genetista della Polizia Scientifica di Milano) e Domenico Marchigiani (dattiloscopista), avranno 90 giorni per rispondere a sette quesiti di natura genetica. Le analisi, che inizieranno il 17 giugno, si concentreranno su una serie di reperti, tra cui un frammento del tappetino del bagno, confezioni di tè, yogurt, cereali, biscotti e i “para-adesivi” di circa 60 impronte repertate nella villetta. La prossima udienza è fissata per il 24 ottobre 2025.

Le impronte digitali: il mistero della traccia 33

Un elemento centrale delle nuove indagini è l’impronta papillare 33, trovata sul muro delle scale vicino al corpo di Chiara Poggi. Una recente consulenza dattiloscopica, depositata dalla Procura di Pavia, attribuisce questa traccia al palmo destro di Andrea Sempio, con una corrispondenza di 15 minuzie dattiloscopiche. Tuttavia, il “para-adesivo” di questa impronta non è agli atti, e gli inquirenti stanno cercando l’intonaco grattato all’epoca per effettuare ulteriori analisi alla ricerca di tracce di sangue. Al contrario, l’impronta 10, trovata sulla porta d’ingresso interna, non appartiene né a Sempio, né a Stasi, né alle gemelle Cappa (Paola e Stefania, cugine di Chiara), né agli amici di Marco Poggi. Questo dettaglio alimenta l’ipotesi che più persone possano essere state coinvolte nel delitto.

Il DNA: una battaglia scientifica

Le analisi genetiche si concentrano su due tracce parziali di DNA maschile (cromosoma Y) trovate sotto le unghie di Chiara. Per la Procura e la difesa di Stasi, una di queste tracce sarebbe compatibile con il profilo di Andrea Sempio, mentre la seconda rimane attribuita a un “ignoto 2”. In passato, esperti come Francesco De Stefano avevano ritenuto queste tracce inutilizzabili, ma una consulenza del 2024, firmata da Carlo Previderé e Pierangela Grignani, ha smentito questa tesi, aprendo la strada a nuovi accertamenti. Saranno acquisiti i DNA di diverse persone non indagate, tra cui Marco Panzarasa (amico di Stasi), tre amici di Marco Poggi (Mattia Capra, Roberto Freddi, Alessandro Biasibetti), tre carabinieri e alcuni soccorritori intervenuti nella villetta. Le gemelle Cappa, invece, saranno sottoposte solo ad analisi dattiloscopiche su reperti come confezioni di yogurt e biscotti.

Il lavandino e le incongruenze della sentenza

Un punto controverso riguarda il lavandino del bagno al piano terra, ritenuto dalla sentenza di condanna di Stasi come il luogo dove l’assassino si sarebbe lavato le mani. La Corte aveva indicato che le due impronte di Stasi sul dispenser del sapone dimostravano che l’aggressore aveva ripulito accuratamente il lavandino. Tuttavia, le nuove indagini smentiscono questa ricostruzione. Gli investigatori hanno rilevato che il lavandino non era privo di tracce ematiche e che sul dispenser sono state trovate numerose impronte papillari sovrapposte, oltre al DNA di Chiara e della madre, incompatibili con un’ipotetica pulizia. Inoltre, una fotografia dei primi sopralluoghi mostra quattro capelli neri lunghi vicino allo scarico, mai repertati, che rafforzano l’ipotesi che il lavandino non sia stato lavato.

Le gemelle Cappa e il supertestimone

Le gemelle Cappa, Paola e Stefania, cugine di Chiara, sono tornate al centro dell’attenzione mediatica. Non indagate, hanno già fornito il loro DNA nelle indagini iniziali, ma ora le loro impronte saranno confrontate con tracce su reperti mai analizzati. Un supertestimone, intervistato da Le Iene il 20 maggio 2025, ha dichiarato di aver visto Stefania Cappa gettare oggetti pesanti in un canale a Tromello, vicino alla casa della loro nonna, il giorno del delitto. Queste affermazioni, però, non hanno ancora trovato riscontri concreti.

Le ricerche a Tromello e l’arma del delitto

Il 14 maggio scorso, i carabinieri hanno dragato un canale a Tromello, vicino alla casa abbandonata della nonna delle gemelle Cappa, seguendo le indicazioni del supertestimone. Tra gli oggetti recuperati c’è un martello da carpentiere, che sarà analizzato per verificare se possa essere l’arma del delitto, mai ritrovata. Gli atti giudiziari escludono che l’arma fosse un martello a coda di rondine, come inizialmente ipotizzato, ma suggeriscono un martello da muratore, compatibile con una segnalazione del 2007 relativa alla scomparsa di una mazzetta da un cantiere vicino.

Gli interrogatori e le nuove piste

Il 20 maggio scorso la Procura di Pavia ha convocato Alberto Stasi e Marco Poggi per interrogatori, mentre Andrea Sempio non si è presentato per motivi procedurali. Stasi ha ribadito di non conoscere Sempio, mentre un’impronta palmare attribuita a quest’ultimo lo collocherebbe sulla scena del crimine. Le indagini si concentrano anche su tre chiamate sospette effettuate da Sempio nei giorni precedenti il delitto e su un biglietto di parcheggio di Vigevano, che potrebbe essere stato conservato come alibi. Gli inquirenti stanno inoltre cercando un elaborato scritto da Sempio durante un corso di giornalismo nel 2013, per tracciare il suo profilo psicologico.

Errori delle indagini iniziali

Le prime indagini del 2007 sono state segnate da errori significativi. Il corpo di Chiara non fu pesato né misurato per determinare l’ora della morte, e le sue impronte digitali furono prese solo dopo la riesumazione, due giorni dopo il funerale. Il gatto dei Poggi fu lasciato libero sulla scena del crimine, e i rilievi furono effettuati senza adeguate precauzioni, come l’uso di guanti. Inoltre, le scarpe di Stasi, prive di tracce di sangue nonostante il pavimento insanguinato, furono sequestrate solo dopo 19 ore. Questi errori hanno alimentato dubbi sulla solidità della condanna di Stasi e giustificano la riapertura del caso.

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