L’appello di Amina, 18enne italiana da 3 mesi in carcere in Kazakistan: “Aiutatemi”

di Redazione


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La scorsa estate era andata in vacanza per visitare la terra d’origine della sua famiglia, però non è più tornata. Amina Milo Kalelkyzy ha 18 anni, è pugliese ed è detenuta da quasi 120 giorni in un carcere di Astana, in Kazakistan, con l’accusa di traffico internazionale di droga.

Secondo quanto riferito da sua madre, Assemgul Sapenova, sarebbe in carcere “senza alcuna prova”. La donna ha consegnato all’Ansa un biglietto in cui la figlia chiede di essere liberata: “Aiuto all’Italia e in particolare al ministro Tajani: vi prego, voglio tornare a casa”, si legge.

Nel mese di giugno è stata arrestata la prima volta e trattenuta “una casa” dalla polizia che, secondo quanto riferito dalla madre, “l’ha maltrattata”. Un referto evidenzierebbe che, dopo la detenzione, Amina avrebbe avuto “lividi ed escoriazioni“.

Il caso è seguito dalla Farnesina e il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dato disposizioni all’ambasciata ad Astana, per garantire la massima assistenza alla giovane italiana, che riceve con regolarità visite da parte del personale consolare del nostro Paese in Kazakistan.

La madre ha lanciato un appello: “Sono all’esterno del carcere. Ho visto mia figlia venerdì, ha perso nove chili. Dopo che le hanno negato i domiciliari, ha tentato per due volte il suicidio”. La donna ha anche riferito di essere stata minacciata “di non rivolgersi all’ambasciata italiana” perché avrebbero “fatto del male a mia figlia”.

Amina, riporta il Quotidiano di Puglia, ha sempre vissuto a Lequile, nel Salento. Prima è stata sequestrata per 16 giorni dalla polizia kazaka ora rischia dai 10 ai 15 anni di carcere.

La storia

“All’inizio della scorsa estate, insieme alla mamma, Amina è andata a visitare la terra d’origine della sua famiglia, dove vivono ancora dei parenti. E lì, come qualsiasi ragazzina di 18 anni, ha fatto amicizia ed è uscita con alcuni suoi coetanei”, sottolinea il quotidiano riportando il racconto di alcune amiche di famiglia.

Kazakistan
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Secondo queste testimonianze, mentre era in giro con un ragazzo del posto i due “sono stati fermati dalla polizia locale e portati in questura. Amina non conosce la lingua, non ha capito nulla di quanto le dicevano, ma dopo un giorno e una notte in custodia è stata rilasciata perché su di lei non c’era nulla”.

Un paio di giorni dopo tuttavia la ragazza è stata portata da due agenti di polizia in un appartamento privato dove è stata segregata per 16 giorni.

La madre ha denunciato la scomparsa e, con una telefonata le avrebbero sostanzialmente chiesto “di pagare un riscatto di circa 60mila euro“. Solo grazie al lavoro diplomatico dei funzionari dell’ambasciata Amina è stata rintracciata e rilasciata. Tuttavia, “mentre la madre denunciava i poliziotti che l’avevano sequestrata per 16 giorni, trascinandoli in tribunale” Amina è stata “convocata alla stazione di polizia per la firma di alcuni documenti” ed è stata nuovamente arrestata “stavolta con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti“.

“Da quel momento Amina, per il tramite del suo avvocato e con il sostegno dell’ambasciata, ha chiesto più volte i domiciliari, ma non le sono stati concessi perché le autorità kazake ritengono sussista il pericolo di fuga”.

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