Ragazza di Napoli denuncia: “Offerta di lavoro da 70 euro a settimana”

di Manuela Zanni


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In un fantomatico negozio di Secondigliano, periferia nord di Napoli, un ragazza avrebbe ricevuto un’offerta a dir poco scandalosa:  lavorare per un euro e sedici centesimi l’ora.  Sfruttamento per sei giorni alla settimana in cambio di una paga di 280 euro mensili. Una miseria. La denuncia della giovane, che si chiama Francesca Sebastiani, è stata lanciata sul social Tik Tok e il video in pochi giorni è diventato virale.

 

La proposta “indecente” fatta ad una ragazza

Francesca rifiuta la schiavitù, paga da un euro l’ora per 60 ore a settimana: “Voi giovani non avete voglia di lavorare”. Un lavoro come commessa per circa 60 ore settimanali in cambio di un paga da 70 euro, appena 11 euro e sessanta centesimi al giorno. Nella sua denuncia social, la giovane commessa ha pubblicato gli screen della conversazione avuta con lo pseudo datore di lavoro che incassa il rifiuto con il solito ritornello che va avanti da tempo.

proposta di lavoro

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 Lo sfruttamento dei lavoratori

Tutto è nato da uno dei tanti annunci pubblicati sui social, nei gruppi Facebook di quartieri ad esempio. Francesca risponde chiedendo maggiori informazioni. E’ interessata perché il negozio in questione si trova a poca distanza da casa sua e quindi potrebbe anche arrivarci a piedi. Dopo essere stata contatta in chat, le viene chiesto se avesse già altre esperienze lavorative poi quando si è affrontato il tema della retribuzione la situazione è degenerata. Stando alla richiesta della titolare del negozio, gli orari erano dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13.30 e dalle 15 alle 20.30. Il sabato invece orario continuato dalle 9 alle 20.30 per uno stipendio pari a 70 euro a settimana, 280 euro al mese, poco più di un euro all’ora.

proposta di lavoro

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Al rifiuto motivato con una retribuzione non all’altezza delle ore richieste, con il sabato che avrebbe dovuto lavorare addirittura 13 ore, Francesca ha ricevuto questa risposta: “Il sabato abbiamo più clienti, volevi anche che gli orari fossero come nel resto della settimana?“. “Non è vero che i giovani non hanno voglia di lavorare, siete voi che non ci fate lavorare” ha ribattuto la ragazza che si è rifiutata di farsi schiavizzare.

La mappa del lavoro nero in Italia

Qual è il reale peso del sommerso nel nostro paese? Quanto è diffuso, e dove? Ci sono specificità a livello regionale o le irregolarità sono uniformi sul territorio nazionale? Il lavoro nero presente in Italia “produce” ben 77,8 miliardi di euro di valore aggiunto secondo le stime più plausibili. Una piaga sociale ed economica, sottolinea l’Ufficio studi della CGIA, che, su base regionale, presenta livelli molto diversificati. Il tema è sempre di strettissima attualità. Servono “una nuova intelligence”, “una strategia chirurgica nell’individuare le imprese da controllare”, “più ispezioni e mirate”. Per Bruno Giordano, neodirettore dell’Ispettorato nazionale del lavoro, sono questi alcuni dei principali strumenti da utilizzare “per una guerra infinita contro il lavoro nero e gli infortuni” che potrà contare su 2000 ispettori in più rispetto all’attuale organico (800-900 entro la fine di quest’anno). Ma partiamo da una ricognizione della situazione.

proposta di lavoro

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Il lavoro nero al Nord

Al Nord il nero è sotto controllo, preoccupa il Sud. In generale si può affermare secondo la CGIA che la situazione al Nord è tutto sommato abbastanza sotto controllo, mentre nel Mezzogiorno  la presenza del lavoro nero è molto diffusa. Dopo la Lombardia, tra le regioni solo “sfiorate” dal nero scorgiamo il Veneto, la provincia di Bolzano, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte e l’Emilia Romagna. In queste realtà il peso del fatturato generato dal sommerso sul Pil regionale oscilla tra il 3,7 e il 4 per cento. In coda, poco prima della Calabria, è altrettanto critica la situazione della Puglia (7,1 per cento), della Sicilia (7,8) e della Campania (8,5). A livello nazionale, l’Ufficio studi della CGIA stima in poco meno di 3,3 milioni di persone che quotidianamente per qualche ora o per l’intera giornata si recano nei campi, nelle aziende, nei cantieri edili o nelle abitazioni degli italiani per esercitare un’attività lavorativa irregolare: il tasso di irregolarità è al 12,8 per cento mentre il peso del valore aggiunto generato dall’economia sommersa è del 4,9 per cento.

Il lavoro nero al Sud

Al Sud, tuttavia, questo fenomeno rappresenta per molte persone l’unica possibilità per portare a casa qualche soldo. Infatti, possiamo affermare che il sommerso è anche un vero e proprio ammortizzatore sociale. Sia chiaro, nessuno vuole giustificare il lavoro nero legato a doppio filo con forme inaccettabili di caporalato, sfruttamento e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarità non sono legate ad attività controllate dalle organizzazioni criminali o alle fattispecie appena richiamate, costituiscono, in momenti difficili, un paracadute per molte persone che altrimenti non saprebbero come conciliare il pranzo con la cena.

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