Coliche neonati: rimedi efficaci o cibi da evitare?

di francesca


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Le cause delle coliche sono spesso e volentieri difficili da individuare. Naturalmente, in quei pochissimi casi in cui si riesce a individuare una reale causa organica, la terapia è più semplice che in altri casi: correzione dell’alimentazione ed eventuale somministrazione di farmaci.

Come spiego nell’articolo precedente dedicato alle coliche gassose dei neonati, bisogna però essere certi della causa che deve anche essere documentata. Oltre al pianto, devono essere presenti altri sintomi quali:

  • feci mal digerite
  • rigurgiti
  • talvolta scarsa crescita

La modalità di intervento sulle coliche è più complessa quando non si individua (perché in realtà non esiste) una causa organica, e questo avviene nella maggior parte dei casi.

La constatazione che il bambino cresce regolarmente, nonostante le coliche, e la sicurezza che dette coliche scompaiono verso il 3° – 4° mese, in genere inducono il pediatra a minimizzare la situazione. Minimizzare, però, può essere un errore.

Il pediatra ha il compito di sdrammatizzare, ma non di sottovalutare, perché molte volte la situazione familiare può raggiungere tali livelli di tensione e di preoccupazione da rendere difficile il rapporto tra i genitori e figlio. Quindi, il medico ha il dovere di non liquidare frettolosamente il problema, ma di spiegare con sincerità i “misteri” delle coliche. Non è sufficiente dire: “Passeranno presto, abbiate pazienza”. Questo è vero, ma i genitori vogliono qualcosa di più anche perché, qualche volta, sono ai limiti della sopportazione.

E se il loro senso di angoscia peggiora, può peggiorare anche il comportamento del bambino. Il pianto può generare nei genitori reazioni non adeguate e contrastanti, che vanno da un eccesso interventistico con conseguente iper-stimolazione a una rassegnata indifferenza. Entrambi questi atteggiamenti trasmettono messaggi che non aiutano a risolvere la tensione del bambino. A ciò può seguire addirittura un’ulteriore accentuazione dell’intensità delle crisi di pianto. 

Coliche neonati e alimenti da evitare: attenzione!

Se il problema non deve essere sottovalutato, è per certi versi riprovevole dal punto di vista dell’etica professionale, rifugiarsi nella facile scappatoia di fare diagnosi di mali organici (intolleranza al latte vaccino, fermentazione intestinale).

Chi ricorre a questi comportamenti in genere suggerisce di cambiare il latte artificiale (se il bambino non è allattato al seno). In realtà tutti i latti artificiali formula 1 sono uguali e derivano dal latte vaccino, e quindi tutti contengono le sostanze che possono causare intolleranza o allergia, quali per esempio le proteine (a meno che si ricorra al latte di soia, che non è un latte animale, ma vegetale!).

Devo però confessarvi per onestà che, incredibilmente, qualche volta questa diagnosi fasulla funziona. E funziona in modo paradossale. Infatti il bambino continua ad avere le sue coliche, ma la mamma e i genitori in genere, ormai certi che sia stata individuata la causa del comportamento del bambino, diventano più sereni: la mamma ha la certezza che non è colpa sua (come, invece, aveva detto quel pediatra antipatico…) e sopporta con minore ansia la situazione (che, ripeto, non è cambiata).

Più problematico, per gli amanti della facile diagnosi di intolleranza al latte artificiale, è trovare una giustificazione quando le coliche colpiscono i bambini allattati esclusivamente al seno. In questo caso, ci si arrampica sugli specchi dicendo alla mamma di non alimentarsi con latte e latticini perché “passano” nel latte materno e quindi provocano ugualmente condizioni di intolleranza. In realtà la mamma prova, ma non cambia nulla nel bambino che continuerà ad avere le sue coliche, perché, come detto, queste hanno quasi sempre una motivazione non organica.

Piccole strategie per curare le coliche

Citerò alcuni degli interventi che hanno qualche probabilità di successo in caso di pianto immotivato. In ordine di efficacia:

  • Cercare di attirare l’attenzione del bambino con distrazioni, per esempio un giro in auto, o dondolandolo, in modo a volte anche piuttosto deciso
  • Massaggiare l’addome delicatamente, cambiargli posizione, per esempio mettendolo a pancia in giù. In realtà eventuali successi ottenuti con queste azioni fanno credere che il pianto sia motivato dal famoso “mal di pancia”. Non è così: il risultato si è avuto perché è stata modificata la sua situazione ambientale!
  • Creare rumori diversi da quelli consueti, suonare della musica. Pressoché inutile il tanto consigliato “piccolo clistere”. Tutti questi provvedimenti hanno il difetto di essere generici e di avere probabilità di successo, nel migliore dei casi, non superiore al 50%.

Un errore da non commettere è, però, “lasciare che il bambino pianga per il timore di viziarlo“. Questo atteggiamento, peraltro meno frequente di quello opposto, è sicuramente sbagliato e anche un po’ crudele. Non bisogna lasciare un bambino piangente solo e disperato, senza curarsi di cercare i motivi del suo pianto, motivi che lui ha sicuramente e che, come abbiamo detto, non sono quasi mai motivi fisici.

Come l’esperto dovrebbe gestire il problema

Il pianto immotivato è sicuramente un momento della vita del piccolo bambino difficile da gestire. Talvolta l’angoscia dei genitori colti di sorpresa da un tale comportamento, che capiscono di non essere in grado di dominare, porta a commettere errori opposti o a esagerare nei tentativi di tranquillizzarlo, o ad assumere atteggiamenti di eccessiva durezza. Quando iniziano questi periodi di pianto “immotivato”, io spiego ai genitori nei dettagli (anche quelli scomodi) la natura e la causa del comportamento dei loro bambini, cercando di non colpevolizzare le mamme che talvolta hanno tutte le ragioni per essere tese e ansiose.

Spesso le strategie suggerite non funzionano, ma le spiegazioni in sé possono già modificare l’atteggiamento mentale dei genitori e soprattutto della mamma, che da quel momento trovano più facile sopportare la situazione.

Un atteggiamento più sereno migliora lo stato di tensione che è alla base delle coliche. I genitori devono essere rassicurati: la causa delle coliche non è mai un malessere fisico, ma dipende da una situazione psicologica ambientale non ideale e dal fatto che il sistema emotivo e psicologico del bambino non è ancora maturo.

Intorno  al 3° mese, detto sistema maturerà e in  quel momento, la fase periodica del pianto tenderà a scomparire, soprattutto se sarà accompagnata dalla consapevolezza maturata nei genitori (essenzialmente dalla mamma) di cambiare le modalità di interazione con il bambino.

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