L’aborto volontario è una pratica che viene messa in atto per porre fine a una gravidanza in corso, adeguatamente accertata da esami di laboratorio.
Secondo il Ministero della Salute, in Italia la donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Dal 1978 questo intervento è regolamentato dalla Legge 194/78, che descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza:
Obiettivo primario della legge è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari. Un’analisi del fenomeno “Interruzione volontaria di gravidanza” è contenuta nelle relazioni che il Ministro della Salute annualmente presenta al Parlamento.
Esistono due tecniche per eseguire una interruzione volontaria di gravidanza:
E’ una procedura medica distinta in più fasi. Si articola sull’assunzione di almeno due principi attivi diversi, il mifepristone (meglio conosciuto col nome di RU486) e una prostaglandina, a distanza di 48 ore l’uno dall’altro.
Il mifepristone interessano i recettori del progesterone e sono necessari per il mantenimento della gravidanza, causa la cessazione della vitalità dell’embrione. L’assunzione del secondo farmaco, della categoria delle prostaglandine, ne determina l’espulsione. In Italia è possibile ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico dietro richiesta della persona interessata.
Il 12 agosto 2020 il Ministero della Salute ha diffuso la circolare sull’aggiornamento delle Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine. Queste sono passate al vaglio del Consiglio Superiore di Sanità. Secondo il sito, il 4 agosto ha espresso parere favorevole al ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico con le seguenti modalità.
Recentemente l’interruzione di gravidanza attraverso il metodo chirurgico resta comunque molto praticata.
L’intervento può essere effettuato, in anestesia generale o locale. Il tutto presso le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.
L’interruzione volontaria di gravidanza viene effettuata in ospedale, oppure in case di cura convenzionate. Va precisato, tuttavia, che non tutte le strutture offrono questo tipo di intervento e che, anche all’interno di quelle che lo offrono, è possibile la presenza di personale sanitario che si dichiara obiettore e che non esegua l’intervento.