Diventare personal shopper e image consultant, ce lo insegna la più famosa d’Italia

Come ha iniziato la sua carriera di Image Consultant?

Preferisco essere definita ‘personal stylist’. Ho incominciato al 2000 alla Sony Music Entertaintment. Lavoravo con gli artisti: mi occupavo del loro look.

Ha notato qualche differenza nell’approccio alla sua professione tra gli artisti italiani e gli esteri?

Sì. Gli italiani sono più self-made, mentre gli stranieri sono più aperti ad avere una consulenza sul look.

Dopo l’esperienza in Sony cosa è successo?

Ho frequentato l’Istituto Marangoni di Londra nel 2003. Nel 2007 ho ottenuto la certificazione dall’AICI (Association of Image Consultant International). Da lì è partito il mio percorso in questa professione che richiede continui aggiornamenti.

E’ l’unica in Italia a possedere questa certificazione?

Attualmente siamo in due, io sono stata la prima.

Qual è la differenza tra la figura del “image consultant” e quella del “personal shopper”?

La prima è una categoria piuttosto vasta che comprende il personal shopper, l’hairstylist, il make-up artist… L’image consultant cura l’immagine a 360°, dagli aspetti psicologici a quelli estetici. Il personal shopper, invece, si occupa esclusivamente di consigliare i propri clienti in merito ad un area dello shopping, dall’abbigliamento all’arredamento.

Ci descriverebbe l’appuntamento tipo con le sue clienti?

Ci sono diversi step. Prima di tutto c’è l’approccio telefonico o via email in cui viene prenotato il servizio, successivamente fisso, quando è possibile, un incontro con il cliente dove cerco di capire le sue esigenze. Stabilita la durata del servizio – che può essere solo per alcune ore o per un giorno o alcuni giorni – e il budget, ci concentriamo sui suoi bisogni, che spaziano dalla costruzione di un vero e proprio guardaroba alla scelta del look per un singolo evento. In genere mi occupo della realizzazione dell’intero guardaroba.

Quali tipi di studi consiglierebbe?

E’ chiaro che è un’attività – che per quanto possa sembrare appealing – per la quale non è sufficiente la passione per la moda e l’aggiornamento sulle ultime tendenze. E’ necessario seguire corsi locali o internazionali (quelli italiani, ahimè, sono abbastanza limitativi perché pretendono di insegnare una professione in un lasso di tempo a mio parere non sufficiente). Il corso rappresenta solo l’inizio di un percorso molto più lungo. 

Quindi, qual è il percorso da seguire?

Le strutture di personal shopper o di consulente di immagine sono piuttosto piccole in Italia, e, credo, che ci vorranno anni prima che nascano associazioni di categoria. Scordiamoci che ci si possa affiancare qualcuno per carpire i segreti di questa professione: i professionisti disponibili sono pochi! La passione per la moda non è sufficiente, è solo la base.

Bisogna anche conoscere la psicologia, la sartoria, la modellistica, la storia della moda, le tecniche di marketing e vendita, i negozi, i materiali, i brand…

Chi sono le sue clienti?

Ho clienti italiani ed stranieri, uomini e donne. In realtà sono più gli stranieri e gli uomini.

Lavoro con gente di tutto il mondo: dall’Australia, agli USA, al Giappone, all’Africa…

Quindi bisogna conoscere le lingue?

Sì, assolutamente. Bisogna conoscere anche i termini tecnici, ad esempio sapere i tipi di tagli, le diverse cuciture… Direi che la conoscenza dell’inglese è fondamentale.

Diceva che ha molti clienti uomini… un dato curioso! Qual è la differenza con le donne?

Gli uomini hanno un approccio più razionale.

Quali marchi propone? I brand della moda o anche capi delle grandi catene come ad esempio Zara?

Non opino mail il budget, la bravura è riuscire a trovare il pezzo giusto, indipendentemente dal marchio.

E i pezzi vintage?

Sinceramente sono pochi coloro che mi chiedono capi vintage. In genere tendo a proporre accessori.

Le chiedono anche aiuto per eventi particolari?

Sì, soprattutto gli stranieri. Mi chiedono aiuto per matrimoni, serate o cocktail.

La richiesta più assurda?

Un outfit per partecipare a un safari a dicembre. Fortunatamente i brand si stanno evolvendo e propongono capi misti, adatti a tutte le stagioni.

La situazione più comica?

Quando sono salita su una Rolls Royce dove c’erano due signore e ho iniziato a impartire le direttive sulla nostra giornata di shopping… Peccato che fosse la macchina sbagliata!

Un’altra volta ho gestito un’intera famiglia ed è stato divertente.

Come reagisce di fronte al cattivo gusto?

Non ho nessun tipo di reazione! Non sono una fashionista, il mio approccio al lavoro è estremamente tecnico. Il mio compito è insegnare quali capi sono adatti alla persona che si rivolge a me e spiegare le motivazioni.

Come si è evoluta la sua figura professionale di fronte alla crisi?

In realtà ho cambiato completamente la mia mission: educo i miei clienti a gestire la loro immagine per renderli autonomi. Quindi, investono nella mia figura professionale per il futuro.

Viaggia molto?

Sì. Le città in cui faccio maggior mente shopping sono Milano, Parigi, Londra e Dubai.