Cronofagia: cos’è e come contrastarla nell’università e nel lavoro (INTERVISTA)

di Redazione


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La dottoressa Beatrice Messina è giurista di rilievo e socia del RUO (Research Unit One), centro di ricerca specializzato in comparazione giuridica. Inoltre, è esperta in mentoring, con un focus particolare sulla metodologia di studio.

Con lei abbiamo parlato di un fenomeno sempre più rilevante tanto nell’ambito accademico quanto nel mondo del lavoro: la cronofagia.

Cos’è la cronofagia? Come si manifesta nelle università e nel lavoro?

Il termine “cronofagia” deriva dalle parole greche “chronos” (χρόνος), che significa “tempo”, e “phagein” (φαγεῖν), che significa “mangiare”. In senso letterale, quindi, “mangiare il tempo“. Questo concetto descrive la tendenza umana a consumare il tempo in modo inefficace durante lo svolgimento delle proprie attività.

La cronofagia rappresenta un problema antico e rispecchia l’idea espressa da Seneca: non è quanto tempo abbiamo che conta, ma come lo utilizziamo. Questo fenomeno si osserva frequentemente in ambienti accademici e lavorativi, influenzando studenti, docenti, segretari e dipendenti in generale.

Nelle università, la cronofagia può manifestarsi attraverso metodi di studio inefficaci o organizzazioni accademiche che non ottimizzano l’uso del tempo, portando così a perdite di tempo considerevoli. Nel mondo del lavoro, si manifesta quando i dipendenti impiegano tempo e risorse in compiti non essenziali per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Inoltre, un eccesso di lavoro, pur aumentando la produttività e la soddisfazione personale, può sfociare in comportamenti patologici legati all’uso del tempo.

Quali sono i segni principali della cronofagia? I campanelli d’allarme?

I segnali di allarme relativi alla cronofagia possono manifestarsi in vari modi. Per esempio, una gestione inefficace del tempo può portare a costanti ritardi nel raggiungimento degli obiettivi. Nell’ambito universitario, questo può tradursi in ritardi nella laurea, mentre nel contesto lavorativo, può emergere dalla percezione di un dipendente che vede il proprio tempo libero e il diritto al riposo come minacciati dal datore di lavoro, considerandoli una perdita di tempo.

Inoltre, esiste una tendenza a vedere il lavoro o lo studio come l’unica realizzazione personale, trascurando altri aspetti della vita. Questa visione può portare a stress e, in casi estremi, a depressione. È importante riconoscere che, sebbene studio e lavoro siano centrali, non dovrebbero monopolizzare la vita di una persona.

La differenza fondamentale tra studenti e lavoratori in questo contesto è che mentre i lavoratori possono percepire lo sfruttamento come una violazione dei loro diritti, gli studenti possono sentirsi obbligati a dedicarsi esclusivamente allo studio. Quando università o luoghi di lavoro abusano di questa dedizione, si entra in una fase che può essere definita patologica, aumentando il rischio di problemi psicologici seri.

È quindi cruciale un approccio bilanciato che valorizzi tanto il lavoro quanto il tempo libero, promuovendo un ambiente sano sia per studenti che per lavoratori.

Come la cronofagia influenza le prestazioni accademiche degli studenti?

Parafrasando Seneca, il problema non è che abbiamo poco tempo, ma piuttosto che ne sprechiamo molto. È essenziale una corretta gestione del tempo, sia nell’ambito scolastico e universitario, sia nel mondo del lavoro. Le istituzioni educative dovrebbero insegnare ai loro studenti non solo a studiare efficacemente, ma anche a gestire il loro tempo. Questo include fornire strumenti adeguati di time management, che possono essere cruciali per lo sviluppo personale e accademico dello studente.

Nel contesto lavorativo, una buona organizzazione non riguarda solo il singolo lavoratore, ma anche la struttura complessiva degli uffici e dell’intera azienda. Le motivazioni, sia intrinseche sia estrinseche, giocano un ruolo fondamentale nella gestione del tempo lavorativo.

È anche importante distinguere tra ciò che è urgente e ciò che è importante, come illustrato nella famosa matrice del tempo di Eisenhower. Questo schema aiuta a prioritizzare le attività basandosi sulla loro importanza e urgenza, una strategia efficace per combattere la cronofagia e migliorare la produttività sia nel contesto accademico che professionale.

Quali tecniche di gestione del tempo ritiene più efficaci per contrastare la cronofagia?

Nell’ambito universitario si sta diffondendo l’uso di app che contribuiscono a una più efficiente razionalizzazione e gestione del tempo. Queste tecnologie, insieme a metodi di studio validati come il metodo Pomodoro, aiutano a ottimizzare le sessioni di lavoro. Il metodo Pomodoro, in particolare, consiste in periodi di studio alternati a pause, favorendo così un equilibrio tra lavoro e riposo. È importante ricordare che il riposo non solo permette di staccare, ma è essenziale anche per il benessere fisico e psicologico, contribuendo in modo significativo alla produttività, sia nello studio sia nel lavoro.

In tal senso, RUO sta svolgendo un’attività di supporto agli studenti nella gestione del tempo mentre il progetto di mentoring Poiesis con una metodologia mirata e una metodologia adattata al singolo caso.

Cosa dovrebbero fare le Università per contrastare la cronofagia?

Credo che le università dovrebbero rivedere i loro programmi di studio a partire dalle fondamenta stabilite dall’ordinamento e dalle normative ministeriali. Ricordiamoci che nel sistema universitario italiano, l’unità di misura è il Credito Formativo Universitario (CFU), dove un CFU corrisponde a venticinque ore di impegno complessivo dello studente. Di queste, circa sette-otto ore sono generalmente dedicate alle lezioni frontali, mentre il resto dovrebbe essere riservato allo studio individuale.

Tuttavia, emerge un problema di cronofagia quando gli studenti si trovano a gestire un carico di studio individuale che, in teoria, dovrebbe rappresentare circa il settantacinque percento del loro impegno accademico. Questo squilibrio suggerisce la necessità di una riorganizzazione del concetto di CFU, affinché rifletta meglio la realtà dello studente e ponga al centro del sistema universitario non solo la cultura accademica, ma anche il benessere e l’efficienza dello studente stesso.

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