Quasi un mese dopo l’atroce attacco dei terroristi di Hamas alle comunità del sud di Israele, che ha causato circa 1.400 vittime, la famiglia di Emily Hand, una bambina di 8 anni del Kibbutz Be’eri, è stata informata che la piccola non è stata uccisa nell’attacco come precedentemente creduto ma è stata portata a Gaza come ostaggio ed è viva.
In un’intervista rilasciata alla CNN il mese scorso, il padre di Emily, Thomas, ha raccontato che il giorno prima che i terroristi si infiltrassero nel kibbutz, la bambina stava facendo un pigiama party a casa di un’amica. Ha trascorso due giorni cercando la figlia fino a quando ha appreso che era stata uccisa. Tuttavia, l’uomo, con le lacrime agli occhi, aveva dichiarato ai giornalisti che la preferiva morta piuttosto che rapita dai terroristi: “Sorrisi perché era la migliore notizia tra quelle possibili… o era morta o era a Gaza ed è peggio della morte. Il modo in cui ti trattano: senza cibo e acqua”.
Nel corso dello scorso fine settimana, però, gli ufficiali dell’IDF (le forze armate israeliane) hanno informato la famiglia di avere commesso un errore nell’identificazione: Emily non è stata uccisa ma è ostaggio a Gaza. E ora i familiari della bambina, dopo un primo momento di shock, stanno lavorando incessantemente per assicurarsi il ritorno a casa della piccola. Hanno anche contattato i funzionari del governo irlandese perché Emily possiede la doppia cittadinanza.
Il papà di Emily, Thomas, ha raccontato che alla figlia piace ballare, cantare e suonare strumenti: “Fa qualsiasi cosa si prefigge e, se non ha successo al primo tentativo, continua a provare finché non ce la fa: è una vera leader, la gente è semplicemente attratta dal suo essere”.
Adesso la famiglia si aggrappa alla speranza che Emily sia effettivamente viva e che possa essere riportata in Israele il prima possibile.