Quando il divorzio costa troppo

di francesca


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Sabato scorso centinaia di migliaia di manifestanti in tutto il mondo sono scesi in piazza contro la crisi economica che ormai da qualche anno grava sulla popolazione mondiale, in particolare sui giovani e sulle famiglie. La situazione di disagio e precarietà diffusa obbliga taluni a dover fare delle rinunce, rinunce che in alcuni casi possono influire pesantemente sulla propria vita privata.

Non troppo di rado, infatti, capita che una coppia in crisi scelga di rimandare il momento della separazione perché i due partner non possono permettersi di affrontare le spese che la fine di un matrimonio comporta; così alla delusione e alla frustrazione di una storia d’amore che finisce, si sommano anche il disagio o il fastidio di dover continuare con una convivenza ed una scelta di vita che non ci appartengono più. In particolare, ciò costituisce una strada senza uscita per le donne non lavoratrici che dipendono economicamente dal marito e non possono permettersi, da sole, di pagare il proprio legale.

Per far fronte a tali situazioni, lo Stato prevede (per ogni tipo di procedimento legale, non solo separazioni e/o divorzi), l’Istituto del Gratuito Patrocinio; in pratica, l’avvocato al quale ci si rivolge verrà pagato dallo Stato, seppure dopo alcuni anni, e quindi sul cliente non grava alcuna spesa. Per ottenere tale esenzione, ci si deve rivolgere all’ufficio del Gratuito Patrocinio presso l’Ordine degli Avvocati del Tribunale competente per il caso in questione e bisogna presentare una dichiarazione dei redditi da cui risulti che il reddito familiare annuo non supera gli undicimila euro. Nel caso in cui si tratti di una controversia afferente al diritto di famiglia (quindi anche nel caso di separazioni e divorzi), si fa però riferimento al reddito individuale: questo perché può capitare che delle donne non lavoratrici abbiano intenzione di separarsi ma se il marito non è d’accordo può in qualche modo impedirlo rifiutandosi di pagare le spese dell’avvocato della moglie; se si considerasse il reddito familiare anche in questi casi, il reddito del marito impedirebbe alla partner di accedere al servizio del Gratuito Patrocinio, costringendola in un matrimonio in cui ormai non crede più.

Alcuni Ordini degli Avvocati (ne esiste uno per ogni Corte d’Appello)accettano un’autocertificazione sul reddito, ma bisogna ricordarsi che indicare il falso costituisce un reato.

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